Da Cambio n.531

Nicolas Rodriguez Bautista, Gabino, comandante dell’ELN.

 

La unione con le FARC non e’ uno scoop publicitario

Circa un mese e mezzo dopo che il presidente Uribe fu a governare da Arauca, si e’ conclusa una nuova assemblea de fronte di guerra orientale dell’ELN. Piu’ di 3000 guerriglieri definirono in quella sede nuove strade e piani strategici dell’organizzazione per affrontare la strategia militare del Governo in questa zona del paese. In questa sede il comandante politico dell’organizzazione, Nicolas Rodriguez Bautista, conosciuto come Gabino, ha dialogato con CAMBIO.

 

CAMBIO Perche’ avete deciso di unirvi con le FARC?

In verita’ i rivoluzionari cercano sempre l’unita’.E’ un processo necessario per il futuro della patria. La unione con le FARC e’ un passo molto importante che stiamo annunciando al Paese. E’ un atto serio che va verso il superamento di limiti e di difficolta’. Come movimento insorto non possiamo essere da meno alla urgenza di unitarieta’ necessaria al processo colombiano e latinoamericano. Assieme alle FARC, crediamo che sia meglioprodurre fatti e che le parole siano la conferma di questi. Fu una riunione ai massimi livelli dirigenziali e di comando delle FARC e dell’ELN.

 

Quali sono i propositi di questa unione?

Sono incntri che stanno all’interno di processi che risalgono atantissimi anni fa, forse addirittura agli anni in cui erano vivi Jacobo Arenas e Manuel Perez, e c’erano pure altre organizzazioni. Abbiamo percorso strade di lotta que oggi riassumono grande importanza per gli insorti delle FARC e dell’ ELN. E’ il frutto di un grande sforzo di ricerca, di approssimazioni per affrontare il nemico della popolazione e dei rivoluzionari.

 

A seguito di questo patto di unione, quale sara’ il futuro di queste organizzazioni?

L’ELN e le FARC sono organizzazioni con piu’ di 40 annidi storia, naquero entrambe nel 1964. Hanno ciascuno la sua storia e continueranno con quella, con il loro bagaglio di esperienza e le loro particolarita’. Abbiamo valutato l’opportunita’ di unita’ e la abbiamo interpretata come una maniera per sommare intenti, piani di lavoro e obiettivi comuni. Pero’, naturalmente, ciascuna organizzazione continuera’ ad esitere, sviluppandosi con le sue proprie particolarita’. Non si tratta di una fusione, si tratta di mettersi d’accordo nel merito di come lottare, nell’immediato, per affrontare il nemico.

 

Si potrebbe dire che il governo di Uribe ha ottenuto cio’ che sembrava impossibile ottenere?

Non solo il Governo, e forse questo non e’ neppure l’aspetto piu’ importante. Sono realta’, circostanze. Tutti noi dirigenti di entrambe le organizzazioni abbiamo capito che e’ indispensabile la unita’ per poter continuare lottando. L’inno dell’ELN dice che la unita’ rappresenta gran parte della vittoria, ed in questo senso stiamo cercando questa unita’. Non e’ uno scoop pubbliciatario, ma un atto volto a far conoscere al paese gli sviluppi che si producono all’interno delle complesse realta’ di lotta. Siamo capaci di metterci d’accordo, di chiarire le difficolta’, di dirci la verita’ e di mettere al primo posto la unita’ rivoluzionaria per poter avanzare. Questa e’ la cosa piu’ importante.

 

C’e’ una qualche possibilita’ di dialogo con il Governo?

Praticamente Uribe ha scartato ogni possibilita’ di dialogo con le organizzazioni insorte per mettersi alla guida di un processo con i suoi compari, i suoi amici paramilitari. Ha cambiato le regole del gioco que furono stabilite dai governi precedenti, quando le organizzazioni ribelli avevano uno status politico e questo rendeva possibile dialogare. Siamo di fronte ad un governo fortemente reazionario, che rappresenta i capitali internazionali e quelli piu’ retrogradi di questo paese.

 

Sareste disposti a dialogare se cambiassero le condizioni?

Vogliamo riaffermare che il dialogo con la guerriglia non e’ per la consegna delle armi, non e’ per arrivare alla pace dei cimiteri. E’ per trovare soluzioni serie in un paese che ci comprenda tutti. Non andremo a provocare frustrazioni in un tipo di dialogo come quello che propone il governo attuale, perche’ non andremmo da nessuna parte. L’unico progetto del governo e’ quello di portare la guerriglia al tavolo delnegoziato in una condizione di resa.

 

Le FARC hanno detto di essere disposte a dialogare con la chiesa. L’ELN con chi sarebbe disposto a dialogare?

Con tutti i settori sociali e politici che abbiano una posizione realistica e seria verso una soluzione politica al conflitto. Naturalmente anche con la Chiesa, con i paesi amici, con la Commissione Nazionale di Facilitazione e i vari settori, tanto del paese cosi’ come stranieri, che propendono per una soluzione politica seria.

 

Nel caso delle FARC il Governo ha proposto l’intervento dell’ONU. L’ELN accetterbbe questa ipotesi?

Non scartiamo nessuna possibilita’ e consideriamo che tutte le alternative siano valide. Crediamo che per prima cosa sarebbe bene cominciare da un processo di avvicinamento con i settori nazionali piu’ vicini e con la gente che e’ stata maggiormante coinvolta, e solo se cio’ dara’ risutati positivi si potra’ ampliare la gamma di interlocutori per una soluzione politica.

 

Come vede la trattativa tra Governo e paramilitari?

Un processo di pace e’ serio quando si svolge con tutte le parti in causa. Nel mal chiamato processo di pace con i paramilitari cio’ che avviene e’ un dialogo tra amici, tra parti coordinate per affrontare la guerriglia. Le azioni dei paramilitari, che sono state massacri di organizzazioni e dirigenti sociali, sono state compiute in difesa dello stato. Il dialogo con loro e’ una pantomima, un inganno. Per come stanno andando le cose, e’ il cammino verso la piu’ grottesca impunita’, che inizia a pianificarsi dentro lo stesso Governo che vagheggia un progetto di perdono e oblio, mentre non parla in termini di categorie politiche.

 

Il governo offre perdono ed oblio ai gruppi alzatisi in armi e voi siete uno di qesti…..

Questa cosa che dicono che e’ una legge per tutti, e’ una fesseria. E’ il film che vogliono vendere, cosi’ come quello che dissero circa il pericolo che rappresentava l’ Iraq per il mondo. Sono un tipo di menzogne che alcuni si bevono, lo abbiamo detto mille volte. Questo e’ un accordo dei paramilitari con Uribe, con colui il quale sei impegnato. L’unica cosa che si sta cercadno di fare e’ legalizzare le immense fortune che i paramilitari hanno ammassato attraverso l’esportazione della coca e dell’eroina.

 

Quale sara’ l’atteggiamento delle organizzazioni insorte circa le zone in cui si concentreranno i paramilitari durante la negoziazione?

Date le caratteristiche di questo – in modo sbagliato – chiamato processo di pace, le organizzazioni insorte non hannopreso nessun tipo di impegno che impedisca loro di difendere il loro territorio dall’avanzata del paramilitarismo. In nessuna maniera rispetteremo queste cosiddette zone di concentrazione.

 

In quali termini le diserzioni hanno colpito l’ELN?

I morti e le diserzioni sono cose che succedono nel corso di una guerra. Non esiste una situazione particolare che abbia aggravato le cose. Quello che in realta’ esiste e’ una grande orchestrazione, una grande campagna, perche’ il Presidente ha bisogno di mostrare risultati per adempiere ai dettati degli Stati Uniti.

 

L’ ELN quindi non e’ stato debilitato?

La nostra forza e’ intatta. Se siamo messi cosi’ male e siamo sul punto di scomparire, non si capisce la grande preoccupazione del Governo. Se fosse davvero cosi’, peche’ le Forze armate continuano a crescere, Perche’ sta aumnentando il lavoro dell’intelligence militare e i volumi di armamenti? Quando mori’ Camilo Torres dissero che l’ELN era scomparso. Quando ci fu’ la Operazione Anori’, nel 1973, annunciarono la nostra socmparsa. Pero’ siamo qui e qui continuiamo.

Mercoledi’ 10 settenbre 2003 piu’ di 440 persone hanno occupato pacíficamente la Fiscalia Generale della Repubblica di Bogota’ dove si stava svolgendo un’udienza del processo che vede come imputato Hernando Hernandez, sindacalista della USO.

Mentre una parte della gente permaneva per tre ore davanti al cancello della Fiscalia, un folto gruppo di persone raggiungeva l’ufficio in cui si stava svolgendo l’udienza gridando slongan molto duri contro Uribe e per la liberazione di Hernando Hernandez.

 

Si legge nel volantino distribuito dagli organizzatori dell’iniziativa:

 

CHI E’ HERNANDO HERNANDEZ?

 

Hernando, dirigente sindacale della unione Sindacale Operaia dell’industria del Petrolio (USO) dal 1985, ne e’ stato presidente per sette anni, presidente della Centrale Unitaria dei Lavoratori (CUT) dal 1998 – 2002; dinamico propulsore del Comitato Nazionale Unitario  del settore statale, e’ stato membro del Coordinamento Popolare di Barrancabermeja, sua terra natale, difensore dei diritti umani,  preoccupato per la polarizzazione dovuta alla guerra che si vive nel paese, assieme ad altre personalita’ democratiche, ha contribuito a promuovere senza sosta fino dai tempi della Commissione di Facilitazione per la Pace, lavorando alla ricerca di una soluzione politica e negoziata del conflitto sociale ed armato che dissangua la nostra patria.

 

DI COSA LO SI ACCUSA AD HERNANDO HERNANDEZ?

 

Herndando Hernandez Pardo, come molte altre personalita’ di questo paese, che hanno lavorato assiduamente per la pace e la riconciliazione nazionale, ha dedicato il suo sforzo e le sue energie nella ricerca di una soluzione negoziata al conflitto armato nel nostro paese.

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H.H., come lo chiamano i suoi amici, e’ accusato di appartenere alla guerriglia colombiana, cosi’ come altre centinaia di lottatori sociali, sindacalisti, difensori dei Diritti Umani, pacifisti, contadini, ecc., i quali non condividono il modello economico, politico e sociale che porta alla miseria, ogni giorno che passa, sempre piu’ colombiani: tutti stigmatizzati dal regime.

Attualmente e’ processato per il delitto di ribellione, le accuse cntro di lui sono state il frutto dimontature effettuate dagli organismi di sicurezza dello stato e in particolare del DAS, appoggiati da delinquenti avvallati dal programma di reinserzione che vengono utilizzati come mercenari, rilasciando testimonianze false in cambio del perdono dei loro delitti e la ricompensa in denaro che gli offre il sistema giuridico colombiano e lo Stato. Negli anni passati hanno utilizzato i famosi “testimoni senza volto”, oggi si appoggiano sui reinseriti per poter costruire montature e crminalizzare la lotta sociale e sindacale nel nostro paese.

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In questa maniera 32 compagni sono stati processati, mentre oggi Hernando Hernandez con altri cinque compagni membri della USO vengono processati con l’accusa di ribellione.

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La sua organizzazione sindacale, i suoi amici, personalita’ varie, incluso membri del sistema che sono stati suoi avversari politici, tutti siamo certi della sua innocenza e per questo oggi siamo presenti per reclamare la sua liberta’.

Cosi’ pure, come un atto simbolico a favore della sua causa sindacale, al suo apporto nella ricerca della pace e come riscatto a fronte della ingiustizia che si sta’ commettendo contro di lui, la Centrale Operaia del paese, la USO, un grande numero di organizzazioni sindacali, ONG per i diritti umani, ambientalisti, uomini e donne, pacifisti, cattedratici, personalita’, ecc., stanno proponendo Hernando Hernandez per il Premio Nazionale per la Pace che Fescol e il Tiempo ogni anno consegnano a un colombiano o a una colombiana que abbia lavorato per la Pace nella nostra martoriata Colombia.

 

 

 

Comunita’ Belasqueros – Flore Amarillo – Municipio di TAME (Arauca)

Parole di Dario, rappresentante indigeno 11 comunita’ U’wa e le 24 Guahibos.

 

Lunedi’ 1 settembre 2003

 

Faccio parte dell’asociazione di Cabildos a livello dipartimentale e di ASCATIDAR, ne sono il presidente e rappresento le 35 comunita’ di indigeni presnti nel dipartimento.

Qui, nel municipio di Tame esiste una problematica specifica, ma a esite anche un problema molto serio a livello di tutto il Dipartimento di Arauca. Esiste il problema del desplazamiento del popolo indigeno Iquani, nella zona di Betoyes.

Come hanno detto i compagni indigeni che mi hanno preceduto, non c’e’ rispetto verso di noi. Noi siamo una istituzione cosi’ come lo e’ il governo colombiano. Pero’, altrettanto, tra di noi non siamo stati in grado di conquistare una relazione mutua tra tutti i popoli indigeni. Questo avverra’ sicuramente perche’ come stanno oggi le cose, i governanti non rispettano il territorio indigeno, non rispettano la cultura, non rispettano la unita’, non rispettano la nostra autonomia, come popolo indigeno.

Noi siamo un solo popolo, che costruisce attraverso se stesso il proprio essere sociale di popolo indigeno. E non esiste solo il problema per gli indigeni, ma esistono anche i contadini, i settori sociali ed anche loro pagano le conseguenze di questa situazione: sono incarcerati. In questi giorni in Saravena hanno arrestato piu’ di un leader ed ora stanno nel carcere di Bogota’. Questo ci rende tristi. Stanno in Bogota’ senza nessuna colpa, perche’ il governo prende queste persone che come noi, non hanno fatto niente e li mette nella Picota (il carcere ndt), soffrendo. Dove ci stanno portando, a noi, come popolo, come contadini? A noi, popolo indigeno, i contadini ci hanno appoggiato molto. In passato ci sono state incomprensioni tra contadini e indigeni, pero’ adesso i contadini si sono relazionati con noi in una maniera molto buona.

Come hanno detto molto bene i Capitani e i compagni indigeni che hanno parlato prima di me, oggi perfino noi leader indigeni siamo minacciati dalla violenza. Noi non capiamo perche’ ci vogliono coinvolgere in questa guerra. La guerra non e’ tra di noi. La guerra e’ tra di loro. Si stanno uccidendo tra colombiani. Sono loro. Noi indigeni non sappiamo del perche’ di questa guerra. Noialtri non abbiamo fucili qui. Questo modo appartiene ad un’altra cultura. La nostra cultura, le nostre abitudini i nostri usi tradizionali sono diversi. Vedete delle armi qui? Noi non abbiamo armi! Appena le stampelle di questo signore (indicando un uomo a cui mancava una gamba e con le stampelle ndt).

Tutto quello che chiediamo a partire dal livello nazionale fino ad arrivare a livello internazionale e’ una commissione. Chiedere che altri fratelli di comunita’ indigene internazionali vengano a vedere la nostra condizione, a vedere il tipo di problema che sta’ nascendo a livello del dipartimento. Qui la situazione e’ molto critica. Noi non sappiamo con chi abbiamo a che fare e neppure comprendiamo il loro atteggiamento.

Lo stesso esercito, come ha appena terminato di dire chi mi ha preceduto, si veste da paramilitare!! E dicono che sono un Governo!! Ma anche noi siamo un Governo! Noi siamo una Nazione, da 512 anni di lotta. Facendola finita con il primo indigeno, la faranno finita con tutto, non solo gli indigeni… uccidendo gli indigeni anche il mondo morira’. Perche’ noi stiamo proteggendo la natura, il bianco non lo fa. Custodiamo il medio ambiente, la fauna, la flora. E sappiamo come farlo. Pero’ il bianco non custodisce. Lo stato non custodisce, la unica cosa che vuole e’ sempre piu’ denaro. Vuole distruggere. Vuole rendere sempre piu’ poveri i poveri. Vuole comperare piu’ armi per uccidere il suo stesso popolo. Noi indigeni non vogliamo questo. Non vogliamo questo presidente. La politia di Uribe e’ quella di farla finita. Farla finita con tutto. Noi lo sappiamo.

Ed oltre questo, c’e l’ ALCA. L’ ALCA e’ una impresa multinazionale la quale attraverso la legge, comincia a fare piani sul territorio indigeno. Questo noi non lo permetteremo. Per questo motivo abbiamo l’obbligo di unirci, avere piu’ forza. Pero’ non con le armi, noi lottiamo con la mente, con il nostro sentimento. Questo sentimento di lotta che ci portiamo dietro da 512 anni ci ha permesso di resitere come popolo indigeno.

Inoltre ci sono persone, diciamo i paramilitari, che vanno dicendo cose false. Per primo violano le donne, facendo cose sbagliate, che non devono fare. Cosa sta’ dunque succedendo? Stanno violando il diritto umanitario. Ma dove andiamo a finire per questa strada? Dove andiamo a finire noi, popoli indigeni? Come diciamo noi: nelle citta’ non possiamo vivere. Noi possiamo vivere solo sulla nostra terra, perche’ il nostro territorio e’ buono: quando c’e’ la terra c’e salute, c’e’ educazione, c’e’ produzione che permette di mantenerci, c’e’ la medicina tradizionale. Questo e’ quello che chiediamo: la terra e che abbiano rispetto. Noi siamo una autorita’ uguale alla loro. Siamo una nazione. Siamo pochi, ma siamo una nazione!

 

 

Saravena, 3 settembre

Note degli ultimi giorni.

 

Come se non bastasse, dopo aver ricevuto una lettera dalla Polizia Nazionale del dipartimento di Arauca, datata 22 agosto (cioe’ il giorno seguente all’operativo Exodo che ha incarcerato piu’ di 30 persone e fatto scappare altrettante), in cui il Maggiore JAIMJE ALBERTO BARRERA HOYOS scriveva alla Fondazione per i Diritti Umani “Joel Sierra”: “……mi permetto di informarvi che questo Comando e’ a vostra completa disposizione per quello che riguarda la sicurezza dei membri della vostra organizzazione……e informare che proseguiremo nei pattugliamenti e controlli costanti sempre dopo la vostra autorizzazione” , il centro per i Diritti Umani di Saravena ne riceve un’altra da parte dell’Esercito Nazionale, Diciottesima Brigada “Generale Gabriel Pizarro”, in data 25 agosto e a firma del Tenente Colonnello SANTIAGO HERRERA FAJARDO, comandante della brigada. Nella missiva alquanto stupefacente si chiede al “Joel Sierra” di passare tutte le informazini che essi hanno circa la presenza di paramilitari in citta’: “… che siano inviate a questo Comando, nel minore tempo possibile, tutte le información che esistono nei vostri archivi o di cui siate a conoscenza, in relazione alla possibile presenza in citta’ delle cosiddette Autodifesa Unita di Colombia……..” .

Molto strano se si considerano due fatti.

Il primo. Dopo pochi giorni dall’ultima lettera sui muri di Saravena, compaiono le prime scritte paramilitari a firma A.U.C. (Autodifesa unite di Colombia). Piu’ precisamente sui muri del centro “Joel Sierra”, dell’ECAAS (impresa dell’acquedotto moltoattiva nella protesta sociale), della Coopertiva di trasporti di taxista e dell’Hotel. Tutti edifici vicini tra loro e frequentati dagli internazionalisti oltre che dalle organizzazioni sociali. Si puo’ leggere: “AUC. Stiamo arrivando. Morte ai miliziani e ai loro collaboratori”.

Il secondo fatto consiste nel fatto che le organizzazioni sociali considerano resposabili della presenza dei paramilitari e della loro cobertura proprio la Diciottesima Brigada e il Comando della Polizia Nazionale, di cui chiedono l’incriminazione dei loro comandante. Si legge nella denuncia pubblica del 1 settembre a firma di varie organizzazioni sociali (CUT, Associazione di contadini, Associazione Indígena, Associazione giovanile e asociación civiche di comunita’): “Non contenti della detenzione massiva, della persecuzione e dell’esilio della maggiorparte dei dirigenti, i quali non possono piu’ neppure recarsi nei propri uffici, la Polizia e L’Esercito si sono dedicati a dipingere i muri delle case con scritte allusive ai paramilitari. Tra queste la sede della Associazione dipartimentale dei Contadini e le case di alcuni dirigenti incarcerati o assassinati”.

Cioe’ secondo i firmatari di questa denuncia pubblica, gli autori di queste scritte sono gli stessi che si pongono a disposizione ed invitano ad informare…..

La denuncia prosegue: “Con queste azioni ciniche e sfacciate risulta chiaro il vincolo , l’appoggio e la promozione dell’esercito e della polizia alla guerra sporca paramilitare che ha prodotto centinaia di vittme nel municipio di Tame (Arauca) e che ora si sta cercando di riprodurre nel municipio di Saravena.

Esigiamo che vengano investigati il comandante della Digiottesima Brigada Generale CAROL LEMUS PEDRAZA, il comandante della Polizia e il comandante del D.A.S. per la loro partecipazione directa nella costruzione dei gruppi paramilitari nel dipartimento di Arauca e per lasciar loro compiere azioni criminali. Inoltre chiediamo che vengano inquisiti i delinquenti che la Diciottesima Brigada utilizzaper segnalare i dirigenti delle Organizzazioni Sociali”. Tra loro ricordiamo:”TOBIAS GOMEZ, EDGAR CORZO, ELKIN PALOMINO, JORGE ROJAS, JORGE MARTINEZ, TEMISTOCRE ROJAS, BLEIDIT ROJAS, YENIFER MARTINEZ, CARMEN DAMARIS CARMEÑO, ABELARDO SALAS. Queste persone girano in uniforme e armate come se fossero membri attivi dell’Esercito Nazionale”.

 

In maniera similare, vengono diffusi dalla Fondazione per i Diritti Umani “Joel Sierra” due documenti di allerta sulla situazione nel dipartimanto di Arauca e in modo particolare nei confronti dell’impresa ECAAS (aquedotto e fognature).

Nel primo, datato 30 agosto, il cui titolo e’ molto explicativo: S.O.S.: allerta sulla grave situazione in Arauca si legge tra l’altro: …il giorno venerdi’ 30 agosto sono comparsi alcuni ‘graffiti’ a firma di supposti paramilitari, su alcuni edifici del centro della citta’ di Saravena, tra gli altri anche l’edificio di ADUC dove hanno la loro sede le Organizzazioni Socilai di Arauca e la Fondazione ‘Joel Sierra’, anunciando MORTE AI MILIZIANI E AI COLLABORATORI firmato dalle AUC…. Tutti questi edifici si trovano a una decina scarsa di metri dalle garritte della Polizia Nazionale.

Questo fatto sucede dopo che il 29 agosto nelle prime ore del pomeriggio, si sviluppa un grande spiegamento di polizia precisamente davanti agli edifici in cui, il giorno seguente, sono comparse le scritte…”

La denuncia prosegue citando la cobertura che i paramilitari ricevono da parte delle forze dell’ordine “..incarcerando la maggiorparte della dirigenza mediante informazioni false, fornite da testimoni protetti dalle forze militari e sappiamo che queste persone vengono fatte arrivare da fuori con questo fine e , in maniera molto irregolare, si ha permesso loro l’uso di uniformi e di armi ad uso exclusivo delle forze militari. Nello stesso mofo i hanno informazioni circa la protezione che un gruppo di persone, aparentemente civili,  hanno ricevuto, le quali sono state collocate in un luogo urbano, all’interno del cordone di sicurezza della Polizia Nazionale della citta’ di Saravena; in accordo alle denunce presentate davanti agli organismi di controllo municipale, queste persone, nascoste e protette, sono le responsabili degli ultimi assassini di popolazione civile. Pensiamo che siamo di fronte all’attuazionedelle minacce effettuate dalle forze paramilitari in questa regione del Paese.”

 

Ed in effetti, caminando per la citta’ e’ spesso visibile come personaggi civili, all’interno del cordone di sicurezza che circonda le strade del centro, chiaccherano con i poliziotti, per poi, quando visti, allontanarsi repentinamente.

In diverse occasaioni, siamo stati seguiti da alcuni di questi personaggi. L’allusione delle scritte murali prodotte dai paramilitari, nei confronti dei “Collaboratori” sono abbastanza esplicite nel definire quali soggetti sono al centro dell’attenzione di questi soggetti.

 

Saravena (ma anche tutto il dipartimento di Arauca) continua ad essere ad alto rischio non solo di perdita di vite umane innocenti, ma anche di essere completamente destrutturata la resistenza civile delle Organizzazioni Sociali che non vogliono accettare i dettami neoliberisti di questo governo. Il controllo delle zone petrolifere del Dipartimento continua ad essere l’obiettivo principale del governo Uribe per conto terzi: Oxxy, British Petroleum, Total….

 

La radio continua a trasmettere quello che piu’ che un radiogiornale sembra un bollettino di guerra: Ad Arauquita hanno fatto saltare tutti i telefoni pubblici. Nella zona di Tame due contadini sono stati sequestrati e poi uccisi dalle FARC. Sono saltati i tralicci di una centrale elettrica….. e da una osservazione diretta in loco (denunciata da indigeni Guahjivos nella zona di Flores Amarillo – Tame), i paramilitari hanno ripreso possesso del paesino di Betoye, da dove un po di tempo fa erano partiti gli attacchi per desplazare le popolazioni indigene della zona.

 

La fondazione “Joel Sierra” termina cosi’ la sua denuncia: “SIAMO CONVINTI CHE LA NOSTRA AZIONE SOCIALE E’ LEGITTIMA. PER QUESTO CONTINUEREMO A DENUNCIARE LE VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI.

 

NON CI FARANNO TACERE NEPPURE MEDIANTE LA GUERRA ZPORCA.

I NOSTRI DETENUTI SONO LOTTATORI POPOLARI CHE NECESSITANO DELLA VOSTRA SOLIDARIETA’ E ACCOMPAGNAMENTO.

 

PER LA DIFESA DELLA VITA, DEI DIRITTI UMANI E LA PERMANENZA NEL TERRITORIO.”

MESSAGGIO ALLA POPOLAZIONE ORGANIZZATA CON L’ E.L.N.

DA PARTE DELLA VENTESIMA ASSEMBLEA DEL FRONTE DI GUERRA ORIENTALE JUAN RUBIO BERMÚDEZ RAMO (compagno RUNGA)

Con allegria e l’entusiasmo avere compiuto il nostro dovere, auguriamo il nostro Combattivo Saluto ai settori popolari e di massa organizzati dentro questa gran famiglia dell’ELN.

Il nostro maggior evento e’ stato illuminato dal sacrificio e dalla combattivita’ delle masse, durante questi ultimi governi fascisti, che hanno cercato di eliminare la protesta sociale, per contnuare con il saccheggio delle nostre immense risorse naturali.

I martiri popolari e guerriglieri hanno seminato con il loro sangue il semi della liberta’ che stanno producendo nuovi piani e riaffermando le nostre convinzioni di lotta per una nuova patria socialista. Erano presenti anche tutti coloro ai quali la regia del regime capitalista ha cercato di ammutlire.

Durante lo sviluppo del precedente Piano di Lavoro si e’ stati capaci di armonizzare la relazione avanguardia – massa – avanguardia. Cioe’ siamo stati in grado di captare il sentimento, le sofferenze e le aspirazioni della gente per rispondere con impegni politici in grado di arrestare le permanenti offensive politiche, militari ed ideologiche dello Stato.

Oggi la popolazione riconosce che le armi, gli uomini e le donne dell’ Esercito di Liberazione Nazionale, si sono messi a disposizione per difenderla dagli attacchi atroci della guerra sporca e del terrorismo di Stato. Le forze armate dello stato (militari, paramilitari e polizia) i sono scontrati contro il muro della popolazione organizzata; coloro i quali durante eroiche giornate di resistenza hanno difeso il loro diritto ad una vita degna e sono riusciti a far prestare attenzione alla solidarieta’ nazionale e internazionale. E il prodotto di queste lotte e’ stato quello di ottenere sanzioni internazionali contro lo stato clombiano e la messa a giudizio di alcuni crimini di guerra.

Riaffermiamo il nostro compromesso irrinuncabile con la popolazione e la rivoluzione e contnueremo a difendere le nostre vite per la definitiva indipendenza, in cui tanto sperano le masse oppresse.

Con il piu’ profndo sentimento rvoluzionaro.

Fraternamente

MILITANTI DEL FRONTE DI GUERRA ORIENTALE

FGO: SEMPRE UNITI CON LA POPOLAZIONE, CON LA LOTTA POPOLARE

CONTRO L’IMPERIALISM: CON LE MASSE AL POTERE

Montagne dell’Oriente Colombiano 7 agosto 2003

 

ESERCITO DILIBERAZIONE NAZIONALE

FRONTE DI GUERRA ORIENTALE

Arauquita, dipartimento di Arauca

27 agosto 2003

[foto in Archivio Fotografico 1]

L’entrata in questo piccolo pueblo, distante una quarantina di chilometri da Saravena e’ slunga e stressante. Una fila non eccesivamente lunga di veicoli aspetta il controllo che l’esercito nazionale compie, in maniera molto accurata, all’ingresso del paese. Anche qui, accampati nelle immediate vicinanze, un battaglione di militari, composto da cinquecento soldati (la popolazione non supera i 3000 abitanti) esegue gli ordini del Maggiore Cortes. Lungo i cento metri che intercorrono dalle taniche utilizzate come blocco stradale al posto di controllo vero e proprio, sulla destra si vedono almeno tre garrotte poste su di un argine costruito artificialmente e che circonda completamente la sede del battaglione. I soldati sono armati e ovunque, lungo l’argine.

Scortato dalla solita accompagnatrice, entriamo nel centro del paese dove il nostro ospite, diciamo Elly, responsabile della fondazione dei Diritti Umani di Arauquita e dirigente locale dell’Associazione Giovanile, ci porta nell’uffico del Personero (autorita’ civile a tutela del rispetto dei diritti umani in Colombia) per formalizzare la nostra presenza in paese, anche se si protrarra’ per una sola giornata. Veniamo rassicurati sul fatto di poter girare tranquillamente per il pueblo (…)

Caminando per la via principale, si scorgono, tra negozi di vestita alimenti e giocattoli, i sldati delle Forze Speciali dell’esercito che, come ben mi ricorda un giovane militare, sono “speciali” peri l fatto che sono addestrate a combatiere all’interno delle citta’ e dei Paesa e, di conseguenza, precisamente li’ si stanziano, dormendo in luoghi precedentemente utilizzati, per esempio, come scuole. Una parte di questi soldati vivono praticamente muro a muro con un pensionato per anziani. Mentre i vecchietti si paisano il tempo chiaccherando e giocando a carte, i soldati, si servono del loro tank di acqua per dissetarsi, cercando di non urtare i nonni con i loro grande fucili mitragliatori.

Mentre l’intero palazzo del Municipio e’ circondato dalla polizia, quest’ultima ne ocupa “solo” una meta’ per i propri agenti, i quali picchettano tutto un lato dell’ edificio, caminando con il fucile in mano e con il dito sul grilletto.

Qui, a differenza di Saravena, molto piu’ grande, la mescolanza tra i civili che tentano di inventarse una vita e i militari che spesso gliela intimoriscono, e’ molto piu’ visibile. I colori delle mimetiche delle forze speciali o gli elmetti verdi della polizia si mischiano agli abiti apeéis nelle bancarelle o ai bambini che vanno a scuola.

Fotografare non e’ facile. La polizia me lo impedisce. Non vuole che reprenda poliziotti, garritte e tutto cio’ che sia connesso con la presenza poliziesca. E questo nonostante abbia passato il solito quarto d’ora nei loro “uffici” per referziarmi e firmare il solito librone in qui scrivono tutto quello che accade, ed avere, infine, sottoscritto di essere girnalista e di assumermi tutte le responsabilita’.

Il poliziotto che mi stava registrando stava seduto sotto un cartello che promuoveva lo sviluppo dei “Diritti Umani in Colombia”. Attaccato allo stesso chiodo penzolavano un manganello ed un paio di guante neri.

Nonostante questo i due giovanni poliziotti mi impediscono di fotografare la loro garritta assieme al Collegio dove esattamente 3 giorni fa e’ stato collocato un camion-bomba (a 10 metri dal loro posto di controllo!!). Scherzano, mi chiedono se non ho paura a restare qui, se non ho gia’ incntrato la guerriglia. Ma di fotografare non se ne parla. Glielo confermano per radio anche i loro superiori.

Assieme ai miei accompagnatri, decido di andare dal Segretario di Governo per avere delucidazioni sul fatto di non poter svolgere la mia attivita’ in citta’. Perquisizioni all’ingresso. Al primo piano, mentre Elly mi presenta il Secretario, Un militare mi si avvicina, porgendomi la mano e presentandosi come il Maggiore Cortes, comandante del battaglione di qui. E’ scortato da cinque soldatini. Molto diplomáticamente, vedendomi arrabbiato chiede che cosa e’ suceso e quando lo apprende dice che sicuramente e’ per motivi di sicurezza che non permettono di fotografare, ma che lui e’ a completa disposizione. Se voglio andare al battaglione, sara’ molto lieto di parlare con me di tutto quello che voglio ed inltre che, da parte sua, non ci sono problemi a fotografare i soldati. Aggiunge che qui in Arauquita, esiste un buonissimo rapporto tra i soldati e la popolazione. Mi cade lo sguardo sulla faccia di Elly il cuis guardo sbigottito vale molto di piu’ di qualsiasi replica.

Quando il Maggiore se ne va la mia accompagnatrice mi dice che un soldado ha appena finito di fotografarci con una piccola fotocamera che ha repentinamente nascosto in una tasca. Mi precipito al’esterno delMunicipio e urlo dietro al Maggiore che stava salendo su una camionetta. Lui dice che non e’ possibile che uno della sua scorta ci abbia fotografato di nascosto, che se vuole avere una fto con me, me lo chiederebbe(…) e che comunque non e’ il caso di “armare” un problema di statu per una cosa cosi’. Allora gli ricordo che “per una cosa cosi’” mlti ci hanno lasciato la pelle, essendo poi statu vittima di attacchi paramilitari, ma lui si difunde dicendo che quella e’ la sua scorta personale. Il giovane soldato implicato, che non ho mai smesso di guardare in faccia, debolmente estrae da un paio di tasche, a sua disculpa, un fazzletto ed una agendina. Ma non mette la mano nella tasca del pantalone dove e’ statu visto riporre la fotocamera. Il Maggiore ci invita a perquisirlo, in maniera gentile, ma provocatoria. Ovviamente non lo facciamo, ma ci salutiamo ritenendolo responsabile di cio’ che ci potra’ accadere.

Chissa’ se al rientro nella brigada ha sgridato il suo uomo perche’ troppo stupido nel farsi beccare…..

Decidiamo comunque di anticipare il rientro. Comunque rifacciamo un giro per il centro per fotografare quel che il Maggiore ci ha “concesso” di fotografare.

Pranzando in un ristorante, e chiaccherando con il prprietario, scopro ancora di piu’ tutta la paura che parazlizza la popolazione di Arauquita. L’esempio che il padrone mi fa per spiegare la loro condizione di civili e’ il seguente: “siamo come la carne di un panino, tra le due fette di pane, che aspetta di essere divorata”. Lui e’ il rappresentatne del barrio e racconto di come, alcune settimane fa, durante un incontro con l’Esercito la Polizia e i rappresentanti del Municipio lui ed altri cittadinisi son lamentati duramente chiedendosi come mai in mezzo a tanto spiegamento di militari e forze dell’ordine, sia possibile che vengano comiuti attentati con auto-bomba in pieno centro. E perche’ di questo poi vengano fatte pagare le conseguenze ai civili. Il penultimo episodio ha visto una auto-bomba restare 5 giorni in strada senza che nessuno venisse a disinnescarla, fino a quando, un giovane di 17 anni, avvicinandosi e toccandla, l’ha fatta esplodere. Lui e’ morto mentre il suo amico si e’ solo ferito. A queste cose i militari, dice, rispondevano che e’ compito dei cittaddini di Arauquita denunciare, che non lo fanno abbastanza….

Qui la gente parla molto poco fuori di casa. Si aggira circopetta lungo il fiume Arauca che separa la Colombia dal Venezuela. Da questa parte si vedono le lance che approdano ad un imbarco situato sull’altra sponda, dove unagrande bandiera venezuelana annuncia il posto di Dogano. La paura e la pressione son molto forti. Pero’ all’interno delle case le persone,mi raccontano, parlano di piu’ e si lamentano della presenza dei militari, dicendo che da quando sono arrivatI (circa un anno fa) le cose sono di molto peggiorate. Un gruppo digiovani, quelli dell’associazione di Elly pero’ continua nelle sue attivita’ sia culturali che politiche, oltre che di denuncia degli abusi sulla popolñazione civile. Elly e’ molto orgoglioso nel mostrarci un laboratorio per intagliare il legno, dietro la casa di un pittore locale, utilizzato da una decina di giovani del paese.

Mentre ci salutiamo il ristoratore ci dice che tutti coloro che stanno cercando di far prendere maggiormente coscienza alla gente e che si espongono in prima persona per i diritti umani – e lo dice indicando Elly – “hanno una canna di fucile puntata alla fronte”.