Bolivador: testimonianze dal Sud del Bolivar

9 ottobre 2003

– Fotografie in ‘Archivio Fotografico 1’

Si potrebbe pensare che vivere in un piccolo villaggio conficcato nel cuore della Serrania di San Lucas, porti con se’ un romantico sapore di liberta’ e serenita’ nei rapporti tra la persone e con la natura. Si potrebbe pensare che la routinaria freddezza della citta’ sia sostituita da una pienezza di giornate vissute in sintonia con se stessi e con il medioambiente. Il villaggio di Bolivador non gode di queste supposte fortune. I trentadue adulti e i ventiquattro bambini che ufficialmente lo compongno delle bellezze naturali, della serenita’,della tranquillita’ delle giornate, della liberta’ – soprattutto di movimento – si vivono l’esatto opposto. Le bellezze naturali, per loro, si trasformano in faticose camminate tra il fango, su e giu’ per le montagne, in un ambiente che a nessuna istituzione, ONG, associazione cooperativa, ecc. interessa assestare un po’. E in quanto alla serenita’, alla tranquillita’ ed alla liberta’ di movimento, la guerra in corso ci mette lo zampino rendendo le giornate, spesso, coperte da un timore generalizzato e costante, tra i grandi ed i piccoli. Gia’ i piccoli ventiquattro che neppure posseggono una scuola, che sono costretti a camminare dalle 4 alle 8 ore al giorno, se vogliono andare e tornare da una scuola – la piu’ vicina, quella di Mina Gallo.

Alcuni racconti di questo piccolissimo villaggio, le cui case sono disperse per valli e montagne, seguono nelle testimonianze di persone che, nonostante tutto, resistono in questo luogo.

Jose’ Uribe.

Sono il presidente dell’associazione di Minatori di Bolivador. Il problema principale, che piu’ ci sta a cuore, riguarda l’educazione dei nostri bambini. Il nostro villaggio conta di 32 adulti e 24 bambini. Le difficolta’ che incontramio riguardo al tema dell’educazione dipendono dal fatto che nel nostro villaggio non esiste nessuna scuola che permetta ai piccoli di studiare. I bambini di qui, se vogliono iniziare il loro ciclo di apprendimento, sono costretti ad andare a Mina Gallo, due ore piu’ meno di strada, per sentieri molto malmessi, in pessimo stato. Le difficolta’ aumentano durante l’inverno, quando la pioggia rende i sentieri ancora peggiori. I bambini, che pure vorrebbero imparare a leggere e scrivere, non possono quindi andare a scuola e la maggiorparte di loro rimane a casa, per via della grande distanza e dei sentieri impraticabili.

Alcuni mesi fa e’ venuta una professoressa che per un piccolo periodo di tempo ci ha aiutato con l’educazione dei bambini. Poi pero’ se ne e’ andata per difficolta’ economiche che noi avevamo per pagarla. In questo periodo anche i bambini piu’ lontani dal villaggio poterono partecipare alle lezioni. Stiamo aspettando che qualche organizzazione o entita’ statale ci aiutino a costruire una scuola per i bambini di questo villaggio.

Tra glialtri problemi, i bambini, per poter arrivare al luogo in cui c’e’ la scuola, si svegliano alle 5 della mattina, preparano le cose che servono loro e quindi, che piova o non piova, devono camminare per diverse ore. Pure con difficolta’ lo fanno volentieri perche’ hanno voglia di imparare. Loro vanno soli, senza che nessuno adulto li accompagni. I bambini hanno un’eta’ che va dai 7 anni ai 12. Ai genitori rimane sempre il timore che possa succedere loro qualcosa lungo il percorso. Se ritardano anche di poco rispetto all’ora solita di rientro, noi grandi pensiamo che sia successo qualcosa di brutto, visto come stanno le cose circa lordine pubblico.Chissa’ cosa puo’ accadere lungo il tragitto con tutto quello che succede qui….. Come padri di famiglia tutti siamo molto preoccupati. Inoltre dato che il percorso che devono fare e’ molto lungo, a volte rimangono feriti a causa di animali che incontrano tornando a casa….

Il problema prncipale che continuiamo ad avere come minatori e’ quello della sicurezza. Non riusciamo a lavorare tranquillamente perche’ non sappiamo se quando torneremo a casa troveremo la famiglia a casa. Oppure perche’ la terra sotto la quale uno sta lavorando,crolla e la persona rimane chiusa nel tunnel. Oppure quando all’uscita del tunnel della sua miniera si ritrova circondato dai soldati dell’esercito. Oppure se viene la guerriglia a parlare con lui. In questa situazione viviamo con un continuo timore. Per quello che mi riguarda, essendo un rappresentante della comunita’, ho spesso bisogno di andare in altre comunita’ o nel capoluogo del municipio, per gestire le tematiche del villaggio. Se mi attardo un po’ di piu’ fuori, quando ritorno la guerriglia pensa male, pensa che sia un informatore. Pero’ anche l’esercito ci tormenta. All’uscita ci peruqisisce, guanda quanti soldi hai, se gli stivali di gomma sono marcati, oppure se hai o no calli nelle mani: tutti segni che implicano, per i soldati, che tu sei un guerrigliero. Per tutto questo ho parua tutte le volte che devo lasciare il villaggio e cosi’ non posso assolvere ai compiti che come presidente mi spetterebbero.

Un altro aspetto disastroso qui a Bolivador e’ l’aspetto sanitario che va molto, molto male.Quando qualcuno si aggrava gravemente, anche se non abbiamo fondi, cerchiamo di aiutarci l’un con l’altro, raccogliendo un po’ di denaro. Poi trasportiamo l’ammalato inamaca fino al capoluogo municipale, affinche’ gli possano fornire l’assistenza necessaria. Qui nella nostra zona non abbiamo nessun ambulatorio e per questo se uno ha bisogno anche solo di una pastiglia per un mal di testa, e’ costretto ada andare in un altro villaggio per comprarla in un negozio, senza nessuno gliela abbia prescritta e senza sapere da dove proviene questa pastiglia. L’esercito non permette che entrino medicine da fuori ed allora la gente cerca la maniera per fare arrivare le medicine prodotte dai laboratori riconosciuti dalla stato nella nostra zona.

Gilberto.

Sono un minatore. Si, e’ vero, a livello lavorativo abbiamo molti problemi, mentre tra di noi, siamo molto cordiali e solidali. Comunque il peggio che succede qui in Bolivador ed in tutto il Sud del Bolivar e nel Paese e’ la guerra. Le cito un esempio, il caso di ieri. Verso le tre del pomeriggio, lungo quel sentiero molto pendente che si vede li davanti (ndr lo indica) 15 o 20 persone adulte con i bambini piccli caricati sulle spalle, mentre il cielo stava per inzupparli di acqua, stavano fuggendo dall’ultimo combattimento avvenuto al mattino nel loro villaggio. Che pena vedere questa gente che e’ costretta a ascappare dalle proprie case…. Colpa della guerra. E noi, qui in Bolivador siamo spettatori di questa guerra. Non abbiamo niente a che veder con essa, ma se i soldati vengono anche qui da noi, pure noi saremo colpiti. Ci confonderanno con la guerriglia ed anche noi patiremo le conseguenze per questo, cosi’ come queste famiglie di profughi ci raccontano. Il combattimento e’ avvenuto vicino ai coampi dove loro hanno piccole coltivazioni. Per non soffrire e per timore di morire, quando arriva l’esercito scappano dalle loro case, lasciando tutte le loro poche cose. Per di piu’ quando ritornano – se possono ritornare – di solito non trovano piu’ nulla: a volte i soldati bruciano le case , in altri casi si rubano le cose e si mangiano gli animali. Quando finalmente la gente torna nelle proprie case sperando che l’esercito se ne sia definitivamente andato, succede che i soldati ritornano e cosi’ la gente e’ costretta a fuggire di nuovo. Questo e’ quello ceh vorremmo superare…

Sei giorni di operativo militare.

Mina Nieve e Casa de Barro: testimonianze dal Sud del Bolivar

– fotografie in ‘Archivio Fotografico 1’

Non si deve pensare che all’esercito nazionale Colombiano non piaccia l’avventura. Mentre compie operativi militari dentro citta’ o cittradine, in un ambito agevole per lo stazionamento dei militari e per il controllo della popolazione, non si dimentica di viaggiare per ore ed ore a piedi, tra precipizi sabbiosi e foreste, immergendo gli stivali nel fango e nella terra argillosa cosi’ come fanno i loro compatrioti contadini, con un fine ben diverso pero’ da quello di tentare di sopravvivere in questa terra tanto bella quanto dura e difficile da viverci. Gli eroi in divisa della nazione cercano sgominare quello che i loro superiori chiamano terrorismo sparando colpi di mitragliatore, lanciando granate e bombardando piccoli villaggi o semplici case isolate tra le montagne.

E’ quello che e’ successo in questi due piccolissimi villaggi di minatori e contadini, Mina Nieve e Casa de Barro, nel municipio di Rio Viejo, in una piccolissima parte del Sud del Bolivar.

Mentre il 16 settembre i bombardamenti hanno prodotto un’enorme paura e fuga dai due villaggi, il 21 dello stesso mese una granata dell’esercito nazionale ha gravemente ferito un giovane di 21 anni di Mina Nieve, che e’ dovuto essere trasportato a piu’ di cinque giornate di cammino, dove esiste per lo meno una clinica (o qualcosa che gli assomiglia) per poter essere assistito.

Gia’, perche’ come se non bastassero le difficolta’ dovute ala guerra – che qui e’ attiva, molto presente in molte valli ed in molte montagne, che lascia sul terreno morti, feriti, distruzioni di case, fughe e profughi – qui le scule sono chiuse, semidistrutti i poveri banchi e le lavagne, il lavoro della miniera non va perche’ con gli operativi e’ assolutamente imossibile fare passare gli strumenti e i solventi chimici necessari. Ma neanche il cibo passa: “tutto serve alla guerriglia” dice l’esperto militare al posto di blocco. E se si ammalano (quando non vengono feriti da pallottole) per raggiungere i posti sanitari piu’ vicini, devono fare una colletta tra di loro per raccimolare un po’ di soldi per pagare gli uomini (dagli otto ai dodici) che trasposrteranno, a turno, in spalla, dentro un’amaca collegata agli estremi da un lungo palo (guando), l’ammalato per molti giorni di viaggio, rischiando essi stessi di fratturarsi o ammalarsi.

Percorrendo parte di quei sentieri meravigliosi e resi terrificanti (oltre che spesso minati) dalla guerra siamo arrivati da questi circa 250 abbandonati dallo stato (ma non dal suo apparato militare) – circa duecento di Mina Nieve e una cinquantina di Casade Barro.

Quelle che seguono sono alcune parti delle loro testimonianze, nella speranza che l’abbandono trovi la strada della solidarieta’, visto che quella della legalita’, del diritto e della cittadinanza da tempo e’ stata devastata. Esattamente come i sentieri di argilla che con l’inverno, col passaggio dei muli e degli uomini, diventano impraticabili.

 

Testimonianze a Casa de Barro.

29 settembre 2003

 

Manuel.

Mi chiamo Manuel. Quando sono arrivato a Casa de Barro, sedici anni fa, facevo il minatore, oggi ho una piccolo negozietto. In questa epoca il villaggio era prospero e si stava bene: c’era lavoro, buona gente e si poteva lavorare tranquillamente. Dal 1988 ad oggi tutto e’ andato peggiorando a causa del conflitto che colpisce Colombia. Inoltre con la venuta in questo periodo dei paramilitari le cose sono ulteriormente peggiorate. Quando si stabilirono dentro al municipio di Rio Viejo, fecereo scappare il dottore e cosi’ il nostro medico dovette andare a sostituirlo e noi rimanemmo senza nessuno in grado di darci assistenza sanitaria. A tutt’oggi non abbiamo il dottore.

Il 25 maggio di quest’anno l’esercito e’ tornato a Casa de Barro. Uccisero una persona dicendo che era un guerrigliero, ma per la gente questa persona altro non era che un contadino. Lo hanno portato incima alla salita, dove ora c’e’ la scuola e lo hanno ucciso li’. Anche questo episodio, assieme alla permanenza dei soldati e’ stato un momento molto difficile per gli abitanti di Casa de Barro. Mentre ci sono i combattimenti una persona pensa solo ad andarsene il piu’ presto possibile, non pensa al suo futuro, dela famiglia, della comunita’: pensa solo a scappare. E cosi’ avvenne. Molti abitanti di Casa de Barro lasciarono il villaggio.

Nei giorni di settembre, il 16 e il 21 di nuovo lapresenza dell’esercito. Il 16 settembre l’esercito si e’ preso il caserio (villaggio composto da poche case) ed ha cominciato a combattere con la guerriglia rimanendo dentro al villaggio. La guerriglia stava nella vicina collina e l’esercito nelle case della gente. Un’altro grande spavento per la popolazione, dato che molte case vennero colpite da innumerevoli spari. Finisce questa storia e arriva il 21. Di nuovo l’esercito combatte con la guerriglia. Dalle colline l’esercito lanciava le sue granate e le sue bombe che cadevano dentro il villaggio. Una granata di mortaio e’ caduta vicino a casa mia (n.d.r. ne mostra la coda). Un’altra granata e’ caduta vicino alla casa di un amico, soprannominato “Yupi”; una e’ caduta senza esplodere vicino ad un’altra casa. Nel corso del fiume ne e’ caduta unaltra che non e’ esplosa. Lo sappiamo perche’ quando un uomo ando’ li’ per tagliare un po’ di legna, urto’ con il tubo dell’acqua la granata e questa esplose provocandgli una ferita da scheggia nel braccio.

Tutto questo e’ la causa per cui ogni giorno che passa Casa de Barro rimane sempre piu’ solo. La gente se ne va. Nella passata epoca c’erano almeno 70 famiglie che vivevano qui. Oggi sono solo 9 (cinquanta persone…), senza neppure la Giunta di Azione Comunale.

Quello che tutti noi stiamo pensando e’ che se le cose non cambiano, lasceremo tutti Casa de Barro. Non abbiamo altra alternativa. Non abbiamo, ad esempio, mezzi per lavorare perche’ per le stessa guerra, nessuno investe in questa zona.

La situazione sanitaria, educativa e lavorativa in questo momento e’ molto brutta. Oggi non abbiamno professori, non abbiamo medici. Le brigate sanitarie che prima venivano nella nostra zona, oggi non vengono piu’, sempre a causa del conflitto. Inoltre chi porta aiuti sanitari, a volte e’ stato minacciato dagli stessi paramilitari. Quando per esempio le brigate entrano nella nostra zona, all’uscita i paramilitari li bloccano sostenendo che l’aiuto serviva per i guerriglieri.

E le scuole: guarda in che stato che sono, abbandonate, con i banchi rotti, le lavagne inservibili…

E per quello che riguarda i malati, quando uno rimane infermo, lui stesso si somministra una pasticca che sono vendute nella bottega: un’aspirina, un mejoral, cosi’, ci rimettiamo alla vlonta’ di Dio. E se uno si ammala gravemente, facciamo una clletta in comunita’: chi mette 1000 chi 5000 pesos e poi ci tocca mettere il malato in un’amaca e portarlo fino al Coco o a Puerto Rico, camminando per circa sette ore…

Il 14 settembre l’esercito era gia’ nelle vicinanze. Infatti con alcuni amici, siamo scesi fino a Mina Seca, noi non sapevamo della presenza dei soldati, e poco prima di entrare nel villaggio incontriamo i militari che cominciano ad interrogarci. Ci chiedono direttamente dove si trova la guerriglia. Noi rispondiamo di non saperlo. Continuavano a chiederci se la zona era minata e noi rispondevamo che non sapevamo neppure questo. Loro insistevano dicendo che dovevamo saperlo , vivendo qui, ma noi non sappiamo dove la guerriglia interra le mine, noi ci dedichiamno al lavoro: chi nella sua piccola miniera, chi con il suo piccolo negozio.Di nuovo ci obbligarono a dire dove stava la guerriglia ed i terrreni minati… questa e’ una violazione ai diritti umani. Noi non abbiamo niente a che fare con tutto questo, vogliamo essere tenuti fuori da questo conflitto.

Quando arrivammo a Mina Seca ci dissero che non saremmo potuti ritornare fino a nuovo ordine.

Ci tennero li’ per 5 giorni. Non avevamo soldi con noi e quindi dovemmo stare senza mangiare, dato che non lasciavano passare neppure gli alimenti, dicendo che servivano per la guerriglia. Noi cercavamo di spiegare che non e’ cosi’, che c’era molta gente, molti minatori e che la gente per vivere deve poter mangiare. Ma i soldati non si convincevano, per loro quelli di qui sono tutti sono guerriglieri.

Quando potemmo tornare al nostro caserio ci rendemmo conto di cosa stava succedendo. L’esercito era entrato direttamente nel villaggio, si era fatto scudo con la popolazione civile. Si nascondevano nelle case dei civili, e da li’ sparavano verso il luogo in cui stava la guerriglia. Ci sono molte case ceh riportano i colpi sparati sulle pareti, sui tetti…..

 

Diego.

Il 16 settembre stavo per andare al lavoro, sono minatore. Quando stavo per uscire di casa una ragazza mi informo’ che l’esercito era entrato nel villaggio. Non ho fatto in tempo a uscire che e’ cominciata la sparatoria. Vedo i soldati nel villaggio. Entrano nella mia casa. Si nascondono nel bagno e in altre parti della casa, chiamandosi l’un l’altro “Perico, Perico”. Dalla paura, noi ci stendemmo a terra: io, mia moglie e i nostri due figli piccoli. I signori dell’esercito cominciarono a combattere. Passo molto tempo e durante questo tempo non smetterono mai di sparare. Ad un certo punto, sento qualcosa che colpisce a terra, vicino la mia spalla e chiedo “che cos’era?” “Una pallottola” mi risponde un soldato. Mentre girandomi da un’altra parte della casa, vedo tre soldati che vanno e vengono per tutta la casa, di qua, di la’, usando la casa come un corridoio per nascondersi o combattere. Quando cominciarono ad arrivare gli areoplani la tensione si abbasso’ un poco. La sparatoria verso la casa diminui’ un poco perche’ gli aerei cominciarono a bombardare quelli della guerriglia che stavano nella vicinissima collina….Come deve fare uno per difendersi, senza armi? Se anche i soldati, che le hanno, hanno paura?.. abbiamo messo dei materassi e stracci davanti al bambino di 17 mesi e a quello di 7 anni…

 

Dionisio.

Mi chiamo Dionisio e vivo qui da 18 anni, da quando Casa de Barro e’ stata fondata, da me e da altri tre minatori. Il giorno 16, quando l’esercito e’ entrato nel villaggio e si installo’ nelle case della gente, sparando dagli angoli delle case o sdraiati dietro le pietre dela strada, io stavo mettendo un cavallo al riparo quando una pallottola lo ha colpito e me lo ha ucciso. In questa giornata a me, i soldati non mi molestarono. Il 21 settembre ando’ diversamente. Mi fecero scappare dal villaggio a colpi di fucile e si puo’ dire che a fare questo fu l’esercito. L’esercito, il giorno precedente, sabato 20, se ne era andato da qui. Il 21, nella mattinata, e’ venuta la guerriglia a dirci che potevamo stare tranquilli perche’ l’esercito se ne era andato definitivamente. Ma noi tutti, spaventatissimi ed intimoriti come eravamo, decidemmo di abbandonare il villaggio e di rifugiarci piu’ in giu’, verso valle, temendo un altro combattimento. Quando un mio parente ci venne a dire che davvero l’esercito non c’era piu’, ritornammo indietro. Ma appena arrivati al villaggio sentimmo che il combattimento era ricominciato a Mina Nieves (ndr a 15 minuti di cammino) ed alcune pallottole isolate cadevano anche introno a noi. Scappamo nuovamente al rifugio precedente, una vecchia caverna da dove, in momenti distinti, cercammo per due volte di ritornare al villaggio, ma appena arrivavamo i combattimenti riprendevano e noi tornavamo nella grotta. Nel villaggio non era rimasta neppure una persona: vecchi, donne e bambini piccoli stavano ammassati dentro la caverna fino alle quattro del pomeriggio. Ma quando ci rendemmo conto che i soldati stavano sparando anche verso il nostro rifugio, fuggimmo anche da li’, piu’ giu’ per la montagna. Per tre giorni completi Casa de Barro rimase completamente vuota poiche’ noi rimanemmo fuori nel monte.Lasciammo gli animali abbandonati, maiali, galline, vacche. Alcuni di questi animali se li sono mangiati quelli dell’esercito. Quando tornammo ce ne rendemmo conto….

…tra l’altro a me e’ successa anche una cosa particolare il giorno 17 settembre, quando l’esercito ritorno’ nel villaggio. Mi presero e mi buttarono davanti alla loro pattuglia dicendomi che avrei dovuto guidarli fino a Mina Nieves. Qui nel villaggio in pochi si diedero conto di quello che stava succedendo. Mi obbligarono a camminare davanti a loro, ma dopo un po’ io mi fermai e non volli piu’ andare avanti. Dissi loro che, accompagnaldoli, volevano che la guerriglia mi uccidesse. Stavo pensando che se non mi avesse ucciso una bomba mentre camminavo, lo avrebbero fatto i guerriglieri quando i soldati se ne sarebbero andai, considerandomi una loro spia. Dissi che non avei piu’ camminato. Ma loro volevano che li accmpagnassi, in quanto sapevo dove erano le mine interate. Dissi che non lo sapevo… volevano mettermi nella scuola ad aspettare, ma io non ci volli andare e neppure volli rimanere li’ nello spiazzo davanti, per essere impallinato….. alla fine mi permisero di rientrare.

 

Argeni ‘Yupi’.

Da poco sto inzizndo una piccola attivita’ qui in Casa de Barro, quando rimaniamo, mia moglie ed io, senza viveri. Aspettai che il combattimento cessasse un poco e il 18 di settembre mi misi in cammino per andare a comperare il cibo.Non ho alcun tipo di documento poiche’ sono andati perduti. Appena fuori dal villaggio, quando l’esercito mi vide, senza neanche domandarmi i documenti o chi fossi, mi accuso’ di essere un guerrigliero, un miliziano.Mi discolpai dicendo che non era vero e chiesi conferma a chi tra i soldati mi conosceva, ma il militare, quando fu chiamato, confermo’ che ero un miliziano. Il tenente comincio’ a strattonarmi. Ripetei che non ero miliziano e che mi lasciassero andare. Il tenente non voleva sentire ragioni. Mi spinsero avanti per altri cento metri lungo il sentiero in cui ci trovavamo, fino a quando arrivammo vicino ad un fosso. Qui mi dissero che mi avrebbero ucciso. Ripetei che stavano uccidendo un civile. Il capitano mi punto’ la canna del fucile contro. In questo momento un altro soldato arrivo’ e si ricordava di me per avermi visto a Puerto Rico. Disse di avermi visto guidare una camionetta da qui a quel municipio. Allora il capitano abasso’ il fucile. Mi liberarono e mi dissero di andare e non raccontare nulla di quello che era successo.

 

Haider.

Mi chiamo Haider. Ho 14 anni. Quando l’esercito e’ entrato qui in questi giorni di settembre, io e la mia famiglia eravamo nel villaggio. Praticamente loro si sono appostati dentro il caserio sparando verso le colline vicine. Dato che li’ c’erano i guerriglieri e’ evidente che loro non sono restati a guardare e si sono messi a sparare anche loro. I soldati erano in mezzo alla popolazione civile: alcune di queste sarebbero potute anche morire….le pallottole che arrivavano dalle colline cadevano vicinissime ai contadini che in quel momento si erano tutti sdraiati per terra. Dopo questa prima sparatoria scappammo verso la valle. Dopo un po’ tentammo di ritornare alle nostre case, ma inutilmente per via dei combattimenti. Tutte levolte che tentavamo di ritornare sempre ci sparavano contro. Quando le cose sembrarono definitivamente calmate tornammo al villaggio. Ma proprio in questo momento la sparatoria ricomincia e due granate ci esplodono molto vicine. Una e’ caduta vicino la casa di ‘Yupi’. In quel momento c’erano piu’ di dieci persone minimo, compresi bambini molto piccoli…..

Tutto questo l’ho vissuto con una paura tremenda perche’ mai prima d’ora avevo vissuto un’esperienza tanto grande nel villaggio. Quello che spero e’ che non succeda piu’. Altrimenti saremo costretti ad andare via da Casa de Barro. Io stavo studiando, ma ora non posso andare a scuola, fuori dal villaggio, per i problemi di movimento che ci sono e quindi sono stato costretto a lasciare gli studi e a mettermi a lavorare qui nel villaggio…

 

Hernan.

Mi chiamo Hernan e mi dedico al lavoro nella miniera. Sono qui da poco e sono del dipartimento di Antoquia. Quando i signori dell’esercito sono venuti il 20 settembre mi hanno preso e da allora mi considerano un guerrigliero per il semplice fatto di essere antioqueño. Dato che in questo territorio esiste una nuova organizzazione guerrigliera – E.R.P. – i cui componenti sono quasi tutti antioqueñi. Questi signori mi dicono che mi metteranno “a cagar tierra con el pecho”, mi trattano male, con parole pesanti e minacciose…

 

Testimonianze a Mina Nieves

29 settembre 2003

 

Elia.

Il mio nome e’ Elia e sono un minatore. Vivo a la Nieves. Il 21 settembre, durante i combattimenti, coloro i quali dicono di essere l’Esercito Nazionale, presero me e altri 6 vicini per utilizzarci come scudi umani, facendoci camminare davanti a loro. Volevano che li conducessimo dove ci sono le mine. Ma dove mai li dovevamo condurre noialtri se non siamo guerriglieri!!!…

Quello che chiedo e che ci rispettino quando vengono qui, in quanto siamo popolazione civile. Se vogliono combattere con la guerriglia, che la vadano a cercare fuori da qui!…

Dopo i soldati scesero di circa 500 metri verso la casa di un nostro vicin e lo trattarono come fosse un guerrigliero, lo presero e gli dissero che gli avrebbero tagliato la testa con il macete che teneva sul tavlo di casa. Dissero che avrebbero tagliato la testa a tutti i “malparidos” (ndr malnati, ma molto piu’ offensivo) di questo villaggio. In questa giornata circa 35 – 40 soldati sono entrati nella comunita’. Arrivarono circa alle dieci di mattina e rimasero nel vilaggio tutto il giorno. Questo stesso giorno altri sldati, appostati sulle colline vicine spararono granate col mortaio danneggiando una casa e ferendo molto gravemente un nostro giovane conpaesano, civile. Allora molte persone lo dovettero portare in amaca al piu’ vicino posto sanitario. Quando i soldati videro che il caserio era rimasto vuoto, ne presero possesso. Rubarono alcune cose nel negozietto che abbiamo…. Mentre noi accompagnavamo il ferito camminando per quattro ore sotto l’acqua e le pallottole….come popolazione civile non possiamo permettere che questi fatti si ripetano e che l’autore sia il Governo, dato che essi dicono di essere il governo… gli unici che ci stanno rimettendo per questi fatti siamo noi, la popolazione civile.

 

Julio Lopez.

Mi chiamo Julio Lopez. Voglio dire che circa un mese fa sono stato attaccato dentro la mia casa dall’esercito, qui alla Nieves, inquanto mi accusavano di essere un sovversivo. Sono venuti alle 11 di notte e fino alle 4 del mattino hanno cercato di entrare in casa, minacciandomi, spingendo da fuori la porta, mentre io la tenevo bloccata da dentro. Dicevano di essere dell’esercito.. sul braccio avevano una scritta ACC.. non so bene… Cominciarono con la mia casa, poi si spostarono verso la casa di un vicino per rubargli alcune galline..ne approfittai per fuggire. Pensavo che i soldati mi avrebbero ucciso se fossi rimasto li’…. e’ stato un momento molto brutto. Mi accusano di essere un sovversivo, ma io sono un minatore ed un agricltore… non ne posso piu’ di fuggire.. mi hanno rotto tutto in casa e mi hanno rubato le poche cose che tenevo… da quando sono fuggito non so piu’ che cosa succede qui, sono tornato solo perche’ sapevo di poter denuciare questi soprusi..

 

Luisa.

Mi chiamo Luisa e voglio raccontare quello che hanno fatto i soldati in questa giornata di sabato 20 settembre, quando entrarono in casa mia, rovistarono e perquisirono tutto, dove tenevo la mia roba, mi ribaltarono il materasso per terra. Mi umiliavano, dicendomi cose molto brutte. Ma io non sono una delinquente, tanto da permettersi di comportarsi cosi’. Oltretutto vivo con un figlio che non e’ normale ed un altro che mi aiuta. Sono una cntadina, lavoro in questa zona e non faccio male a nessuno. I soldati sono venuti a maltrattare me e a rovistare in tutta la casa, persino in uno scatlone dove tengo tutti i miei pochi vestiti. Dicevo loro : “guardi che io sono povera, non sono guerrigliera, non ho armi qui e neppure soldi. Per favore lei deve rispettarmi.”. Il soldato che rovistava mi disse di calmarmi….

 

Marina.

Mi chiamo Marina. Sono donna di casa, accudisco ai miei bambini. Ho un marito, vivo in casa mia. Sono anche contadna. Quando in questo giorno coloro i quali dicono di essere l’esercito nazionale hanno occupato Mina Nieves, sono arrivati con maniere molto differenti da come entravano nel villaggio in altre occasioni. Sono venuti molto duri, maltrattando le persone a male parole el minacciando di picchiare la gente. Sono entrati in casa mia e mi hanno rubato una gallina ed un’altra la presero a bastonate. Ci dicevano che eravamo comlici della guerriglia, che a noi piaceva collaborare con i guerriglieri. Ma noi non siamo niente di tutto questo!! Noi siamo semplici contadini che stanno lottando per la vita in questo villaggio….cerchiamo un modo per spravvivere. Noi non possediamo case in citta’, non abbiamo niente in cui vivere fuori da questo posto e quindi siamo costretti a stare qui, lottando, cercando il modo per sopravvivere, per far crescere i nostri piccoli figli. I quali si spaventano moltissimo quando succedono queste cose…. Tra l’altro qui non sta funzionando la scuola per i nostri figli. Non ci sono professori, che non vogliono venire qui per paura della guerra. I bambini non stanno studiando, nonstanno facendo nulla… I soldati ci dicvano di andare via da qui, perche’ qui le cose si stavano mettendo molto male. Ma dove mai possiamo andare se non sappiamo dove.. in citta’ forse? A morire di fame? No, non possimao. Qui abbiamo il nostro lavoro e stiamo lottando per questo posto, mentre veniamo trattati come guerriglieri.

 

Alsiquio.

Il mio nome e’ Alsiquio e appartengo ad un gruppo di cristiani evangelici. Il 21 di settembre stavamo celebrando un culto evangelico nella cappella quando l’esercito ci ha circondati, seppure ancora non c’erano stati colpi o sparatorie. In questo momento due guerriglieri scendettero dalla collina, senza vedere i soldati che stavano dietro la chiesetta. Tornando indietro, i guerriglieri che stavano sulla collina cominciarono a sparare e i soldati da dietro la chiesetta risponderono al fuoco. Le cose si misero molto male, perche’ tutti noi che stavamo dentro la chiesa, adulti e bambini, eravamo prigionieri durante il combattimento. I bambini piangevano. Il combattimento fu’ molto lungo e molto duro perche’ da li’ tiravano bombe, colpi di mortario e si udivano tutti i tipi di colpi. Ad un certo punto guardai verso la casa in cui i soldati avevano tirato una granata con il mortaio. Era la casa di un mio fratello. Pensai lo avessero ucciso perche’ vidi esattamente l’impatto della granata sul tetto dela casa. Volevo uscire dalla chiesetta per correre verso la casa a verificare, ma un soldato non mi lasciava uscire. Sono corso comunque fuori verso la casa e quando sono arrivato ho visto mino nipote a terra insanguinato come le mani di mio fratello…..

La vita che si vive dentro questo conflitto e’ molto dura. In primo luogo perche’ l’esercito controlla l’entrata degli alimenti per la popolazione. In secondo luogo, non permettono l’entrata neppure di nessun tipo di combustibile. Quando noi rimaniamo isolati e rimaniamo senza cibo o combustibile, cerchiamo di sopravvivere con il poco che coltiviamo: yucca, platano, cose cosi’, aspettando che passi il tempo e che i soldati permettano di nuovo l’entrata delle cose che ci necessitano. Coltiviamo poco perche’ la terra qui intorno non e’ adatta alle coltivazioni. Quando terminiamo gli alimenti che produciamo, siamo costretti ad uscire dal villaggio per andare a comperarli: un po’ di olio,, il poco di zucchero e di caffe’, ma poi e’ molto difficile che i soldati ci faccaiano passare con il cibo. L’esercito ha il controllo della zona e non lascia passare nulla. Per limitare i viaggi, uniamno le esigenze di piu’ persone del villaggio, mettiamo i soldi ed usciamo a comperare le cose, sperando che ci lascino passare…

 

Victor.

Grazie per l’opportunita’ che mi date. Mi chiamo Victor e sono un contadino agricoltore che da 19 anni vive qui a Mina Nieves. Nei primi anni in cui stavamo qui siamo arrivati ad avere 75 case abitate con una buona produzione mineraria e con bambini che potevano frequentare la scuola. A seguito dei problemi di ordine pubblico che si sono venuti presentando, sono sorte difficolta’ che hanno fatto si che il numero di famiglie residenti si sono via via andate riducendo di numero, a causa, anche, della mancanza di educazione, di servizi sanitari. Questo aggrava la situazione personale dei contadini, ma aggrava anche la produzione mineraria, che patiscono la mancanza di personale.

Tra le prime necessita’ che abbiamo qui a Mina Nieves c’e’ la salvaguardia della nostra salute. Senza salute, non possiamo lavorare. Non c’e’ nessuno che possa fornire il servizio medico. Qui non arrivano le brigate sanitarie, non esiste un posto dove andare a farsi visitare. Siamo obbligati ad andare in citta’ molto lontane dove i servizi sanitari sono limitati, ma ci sono. Avremmo bisogno che l’amministrazione municipale costruisse un posto di salute qui, funzionante, fornito di personale adeguato in modo tale da avere un servizio piu’ o meno dignitoso. Anche che non copra tutti i bisogni, almeno che ci aiuti un po’ di piu’ di quello che puo’ fare la promotrice di salute che abbiamo per le necessita’ molto basilari. Vogliamo che i vari livelli istituzionali soluzionino questo problema, ricordandosi che non tutti nel Sud del Bolivar non sno guerriglieri, che qui ci sono delle persone dignitose e che appartengono, come cittadini, allo stato clombiano e per cio’ stesso hanno diritto a godere delle risorse dello stato.

Per quello che riguarda l’educazione, l’hanno passato gli studenti non hanno finito la scuola perche’ i professori se ne sono andati a seguito del fatto che il Municipio non li pagava. Quest’anno hanno lavorato solo tre mesi e poi, per lo stesso motivo, se ne sono andati. A seguito di cio’ 35 bambini sono rimastisenza scuola. Noi stessi, padri di famiglia, siamo rimasti colpiti da questo per la mancanza di aiuto che i professori fornivano anche a noi. Le istituzioni municipali e dipartimentali prendono a scusa il fatto della guerra per motivare la partenza dei professori, ma fino a questo momento, il problema della guerra che si era delicato, non giustificava la partenza dei professori. Noi ne abbiamo bisogno per i nostri bambini, i quali, attraverso l’educazione, possono vedere il futuro in un modo migliore. La scuola funzionava fino al 5. anno della primaria. Dopo, chi ha la possibilita’, manda il figlio in una citta’ vicina e mette a studiare il bambino nella secondaria. Ma questa possibilita’ e’ possibile per molti pochi bambini. Un padre di famiglia povero di questa zona, non ha la possibilita’ di far proseguire gli studi al figlio.

Infine, per quello che riguarda la nostra stabilita’, come lavoratori, in questi anni di conflitto, con i problemi di ordine pubblico, risulta essere molto precaria per cio’ che riguarda la produzione. Il decadimento progressivo dell’ordine pubblico, ha prodotto una sospensione del lavoro dai 4 ai 6 mesi. Questo e’ un fattore che pregiudica molto la nostra vita. Qui noi lavoriamo con strumenti e prodotti che arrivano da fuori. Quando ci sono questi casi di operativi militari o di posti di blocco, tutti i trasporti vengono sospesi. Non riesce ad entrare il combustibile e tutte le altre cose che ci necessitano per l’attivita’ mineraria, per esempio il cianuro che serve alla lavorazione finale dell’oro. E questo crea una catena di disagi poiche’ il produttore riduce la produzione di oro ed il cpiccolo commerciante che vive dell’acquisto e vendita dell’oro non riesce a sopravvivere con quel poco di produzione che si da’. In questo modo la nostra vita risulta molto complicata. Ma dato che questo e’ il luogo in cui vgliamo vivere, staremo qui fino a quando non vengano date soluzioni a questi problemi, sia che le cose rimangano tali.

Per finire cito il problema della possibilita’ di movimento che riguarda la sicurezza dei sentieri che vanno verso i luoghi in cui si vendono le cose che ci servono o verso i luoghi di lavoro. Abbiamo molta paura di incontrare terreni minati lungo i nostri percorsi. Vogliamo che si ponga attenzione anche a questo tema. La comunita’ non vuole che venga toccata l’area che corrisponde al villaggio e che non venga contaminata dalle mine, perche’ questo crea molto nervosismo. Al punto che durante la “giornata civica” (giorno dedicato da tutti gli uomini a lavori sociali ndr), nessuno si attenta ad andare a pulire i sentieri per paura di saltare in aria.