Bollettino n.17

 

ROMPENDO IL SILENZIO

UNA OPINIONE ALTERNATIVA

 

Dipartimento di Arauca, 21 agosto 2003

 

L’ELIMINAZIONE DELLE VARIE ESPRESSIONI SOCIALI NEL DIPARTIMENTO DI ARAUCA

E’ IL VERO OBIETTIVO DELLA POLÍTICA DI “SICUREZZA DEMOCARATICA” DEL PRESIDENTE URIBE

 

L’eliminazione física dei settori sociali e dei suoi dirigenti attraverso crimini selettivi, massacri e spostamenti forzati prodotti dalla sporca guerra aperta dei paramilitari e delle forze armate, e’ un’operazione ugualmente perversa e temeraria simile al disprezzo della dignita’ delle persone e la persecuzione contro le organizzazioni sociali e la sua dirigenza, agita attraverso infami montaggi prefabbricati nella sede della 18ª brigata, utilizando, per questo scopo, alcuni delinquenti, questi si veri terroristi, i quali, in cambio di succulente “ricopense”, testimoniano il falso per incolpare tutti coloro i quali alzano la voce, protestano, difendono i diritti umani o semplicemente fanno parte di un sindacato come quello per l’educazione o la sanita’.

 

Sono molte le ragioni per le quali il generale Carlos Lemus Pedraza, attuale comandante dela polizia, il DAS e la unita’ di appoggio alla Fiscalia, per incattivirsi contro i settori sociali. Una di queste e’ il desperato tentativo di fornire risultati concreti al presidente Uribe, di fronte alla ridicola posizione nella quale si trovano, dato che le centrali elettriche e gli oleodotti continuano a saltare in aria, mentre le autobmbe cntinuano ad esplodere  nelle lcitta’ nonostante l’imponente militarizzazione. Per questo siscagliano con tutta la furia della loro incapacita’ contro le organizzazioni sociali.

Unatra ragione e’ quella di ammutlire la denuncia pubblica e giuridica che stanno portando avanti le organizzazioni sociali e le ONG  che difendono i diritti umani e che riguarda gli tai criminali commessi dalla forza pubblica che per loccasione si converte in paramilitare, cosi’ come gli assassinii di indigeni in Betoyes, il massacro della”cabuya” e gli omicidi selettivi di dirigenti sociali, politici e di difensori dei diritti umani compiuti per mano di sicari, protetti dai cordón di sicurezza della plizia, a Tame, Saravena e nella capitale Arauca. Finamente i militari cercano di pareggiare i conti con lo sforzo che le organizzazioni sociali e le ONG internazionali stanno facendo affinche’ il massacro di Santo Domingo non resti impunito. (n.d.t. Il 13 dicembre 1998 il villaggio di Santo Domingo fun bombardato indiscriminatamente dalla forza aerea colombana con aerie forniti dagli Stati Uniti. Rimasero uccisi 16 persone di cui sette bambini. Piu’ di venti furono i feriti gravi).

 

Rivendichiamo davanti alla comunita’ nazionale e internazionale il lavoro sociale e umanitario dei nostri 73 dirigenti e membri dei settori sociali attuamente imprigionati con la falsa accusa di ribelione e terrorismo.

Affermiamo, allo stesso tempo, di essere vittime della repressione, dell’ingiustizia, della persecuzione e della corruzione di una fallimentare política di “sicurezza democratica” con la quale si inganna il Paese, mentre lo si sta regalando volontariamente agli interessi imperialisti degli Stati Uniti.

 

ROMENDO IL SILENZIO, PER IL DIRITTO DEL POPOLO,

ESPRIMIAMO LE NOSTRE IDEE, NON RESTIAMO ZITTI

 

 

ORGANIZZAZIONI SOCIALI DEL DIPARTIMENTO DI ARAUCA

 

 

Saravena 22 Agosto 2003

COMUNICATO ALLA OPINIONE PUBBLICA NAZIONALE E INTERNAZIONALE

 

CHI SI STA PERSEGUITANDO CON LA “SICUREZZA DEMOCRATICA” DEL GOVERNO DI ÁLVARO URIBE?

Dalle quattro del mattino del 21 agosto 2003, nel municipio di Saravena, nbel Dipartimento di Arauca sono stati realizzati operativi congiunti tra il DAS (dipartimento administrativo per la sicurezza), il CTI (centro tecnico per le investigazioni), l’Esercito Nazionale, e la Fiscalia. Il risultato: fino a questo momento piu’ di 30 persone detenute – riconosciuti leader e dirigente di organización sociali e sindacali del dipartimento – di cui gia’ 18 sono stati trasferiti a Bogota’, con l’accusa dei delitti di ribellione, terrorismo e delitti connessi.

 

CHI SONO LE PERSENE DETENUTE DURANTE L’OPERATIVO REALIZZATO NEL DIPARTIMENTO DI ARAUCA

JOSÉ MURILLO

Presidente della FONDAZIONE COMITATO PER I DIRITTI UMANI “JOEL SIERRA”, O.N.G. per i diritti umani che da piu’ di 11 anni lavora per la difesa integrale e lo sviluppo dei diritti umani a livello regionale. Il 15 agosto Jose’ Murillo era stato fermato da membri della polizia a Saravena, con il pretesto di indagare circa i suoi “precedenti” penali.

1. MEMBRI DELLA DIREZIONE DELLA CUT – ARAUCA (CENTRALE UNITARIA DEI LAVORATORI)

ALONSO CAMPIÑO BEDOYA

Vicepresidente della direzione Regionale della CUT – Arauca.

Nel mese di novembre dello scorso anno, mese durante il quale sono statu effettuati operativi simili nel Dipartimento, il signor Campiño e’ stato oggetto di persecuzioni e minacce da parte di varie autorita’.

Durante la perquisizione di ieri, si e’ appreso che suo figlio di undici anni e’ stato vittima di abusi da parte del Fiscal incaricato dell’operazione, il quale, irrompendo nella sua abitazione, ha minacciato il minore, puntandogli un arma sulla faccia.

ORLANDO PÁEZ

Membro della direzione della CUT – Arauca, lavoratore del settore della sanita’, e affiliato a DINDICONS, il sindicato edile.

2. MEMBRI DEL DINDACATO DEI LAVORATORI DEL COMUNE – SIDEMS –

JOSÉ RAMIRO HERNÁNDEZ MAHECHA. Vigile urbano.

WILLIAM JIMÉNEZ

CARLOS MANUEL CASTRO PÉREZ

JOSÉ LÓPEZ SOLÓRZANO. Custode della Casa della Cultura

3. SINDACATO DEI LAVORATORI DELLA SANITA’ – ANTHOC-

JAIME DAZA. Autista dell’ospedale di Saravena

MARGOTH BETANCUR. Segretaria dell’ospedale San Vicente de Arauca

4. SINDACATO DEI LAVORATORI EDILI – SINDICONS –

FABIO MARIO GÓMEZ

ELISEO DURÁN

PEDRO VERA

5. SINDACATO DEI LAVORATORI DELLA IMPRESA COMUNITARIA DELL’ACQUEDOTTO DI SARAVENA – ECAAS-

DANUIL LESMES QUIROGA. Custode

ELIDA PARRA ALFONSO. Magazziniere

EFRÉN NIUSTE QUIMBAYO. Operaio

FABIO SANABRIA. Fontaniere

6. SINDACATO DEI LAVORATORI DEL SETTORE EDUCATIVO NAZIONALE – SINTRENAL-

BLANCA SEGURA. Segretaria per l’educazione dello sviluppo rurale.

7. SINDACATO DEI LAVORATORI DI INCORA (ENTE AGRARIO STATALE) – SINTRADIN-

LUIS JESÚS RODRÍGUEZ

DIÓGENES CONTRERAS

8. FONDAZIONE INTERCULTURALE DEL SARARE – FINDESA –

JUAN MONCAYO Coordinatore della Universita’ Interculturale del Sarare

ALTRI:

GLORIA EDILMA MEDINA. Direttrice della Casa della Cultura, in varie ocasión e’ stata impiegata come Sindaco incaricato del Municipio.

WILFREDO OSORIO. Commerciante

JAIRO MACHADO DURAN. Presidente del Consiglio di Azione Comunale del quartiere Los Libertadores.

GRACILIANO CACUA. Aiuto di Medicina Legale

ALEXANDER CUADROS. Lavoratore edile, catturato nell’ospedale dove era ricoverato per una operazione chirurgica. Attualmente si trova recluso nel Bataglione Reveiz Pizarro da ieri, senza che nessuno gli presti le cure necessarie.

PEDRO BOHÓRQUEZ. Membro del Comitato di Allevatori

EMIRO GOYENECHE. Speaker e corrispondente di radio DIC (locale)

JESÚS QUIROGA LEÓN.

PEDRO JULIO VERA BASTOS

DAVID RAMIRO BALLÓN. Impiegato della cooperativa di Trasporti – COPETRAN –

Allo stesso modo, le case e i posti di lavoro delle seguenti persone, in varie circostanze, sono state perquisite, durante la ricerca delle persone, mentre venivano minacciati coloro i quali si trovavano in quei luoghi:

SAMUEL MORALES. Presidente della CUT- ARAUCA

ALBERTO PAÈZ. Membro del direttivo della CUT – ARAUCA

LEONEL GOYENECHE. Membro del direttivo della CUT – ARAUCA

ISMAEL PABÓN MORA. Difensore dei diritti umani della Fondazione Comitato Regionale “Joel Sierra”.

JORGE PRIETO. Presidente di ANTHOC (sindicato lavoratori della sanita’ e sicurezza sociale) del dipartimento di Arauca.

ISMAEL UNCACIA. Leader indigeno appartenente alla associazione dei Capi e delle autorita’ Tradizionali Indigene di Arauca.

JHONNY OMAR DÍAZ. Direttivo di COTRANSMATERIALES, affiliato a SINTRADIN (sindicato dei trasportiatori)

CIRO CAMARGO. Presidente della Associazione Giovanile Studentesca Regionale – ASOJER –

JULIO CÉSAR GARCÍA. Direttivo della Associazione Municipale di coltivatori – AMUC –

Resulta significativo che:

Ø Sorprendentemente le prsone detenute hanno caratteristiche simili, in quanto tutte appartengono ad organizzazioni sociali del dipartimento e sono riconosciute come leaders locali nei loro rispettivi settori. Inoltre molti di loro, in precedenza, erano statu convocati o arrestati da autorita’ militari o di polizia e quindi riméis in liberta’ dopo aver fornito confuse spiegazioni. E questo fatto e’ ancor piu’ significativo se si considera che attualmente sono i settori sociali e quelli non governativi per i diritti umani coloro i quali sono maggiormente attaccati dal governo nazionale, circa il critico tema relativo agli abusi di autorita’ realizzati nell’applicazione dell’ideologia della “Sicurezza Democratica”.

Ø Queste operazioni vengono effettuate dopo l’annuncio del Presidente della Repubblica Dr. Alvaro Uribe Velez rivolto a tutti gli alti comandanti delle Forze Militari, affinche’ si ottengfano risultati nella lotta controinsurrezionale.

Ø Queste detenzioni massive contro dirigenti avvengono in Arauca, che e’ un dipartimento strategico per gli obiettivi dell’attuale governo, essendo stato dichiarato, precedentemente, “zona di riabilitazione”, dove soldati nordamericani permangono per proteggere le strutture petrolifere e dove, recentemente, sono state annunciate fumigación di coltivazioni illecite.

RESPINGIAMO:

Le arbitrarie detenzioni di tutte le persone catturate nel dipartimento di Arauca, nella cornice della politica di detenzioni massive che si sta sviluppando in tutto il Paese.

La intimidazione, prsecuzione e fustigazione di cui sono vittima i familiari e gli amici delle persone menciónate, compiute da membri della Forza Pubblica.

La chiara politica governativa di segnalazione, stigmatizzazione e disarticolazione delle organizzazioni sociali e quelle per i diritti umani che stanno lavorando per la difusa e la esigibilita’ degli stessi.

Le imputazioni che, attraverso l’uso dei mezzi di comunicazione, gli alti gradi della Forza Pubblica hanno realizzato contro le persone detenute e le organizzazioni sociali alle quali essi appartengono.

ESIGIAMO:

L’immediata liberazione di queste persone cosi’ come la riparazione integrale a coloro i quali furono catturati durante operativi simili e che furono poi liberati, non esistendo nessuna prova circa i delitti di cui li si accusava

Al Governo Nazionale, che vengano rispettate le garanzie giuridiche ed i diritti fondamentali di tutte le persone detenute. Al Governo cosi’ come ai mezzi di informazione, che vengano rettificate le informazioni presentate all’opinione pubblica.

Al Estado Colombiano el cumplimiento de las obligaciones internacionales en materia de derechos humanos y que respete y proteja la labor de defensa de los derechos humanos conforme se desprende de las recomendaciones e informes emanados de las Naciones Unidas y la Organización de Estados Americanos.

Allo stato Colombiano la realizzazione degli obblighi internazionali in materia dei Diritti Umani e che rispetti e protegga il lavoro che viene svolto in difesa di tali diritti, e che si uniformialle raccomandazioni emanate dalle Nazioni Unite e della Organizzazione degli Stati Americani.

RITENIAMO RESPONSABILE LO STATO COLOMBIANO PER LA VITA E LA INTEGRITA’ FISICA DI QUESTE PERSONE E DELLE LORO FAMIGLIE

QUESTI FATTI COSTITUISCONO UNA VIOLAZIONE FLAGRANTE DEI DIRITTI UMANI E DEI DIRITTI FONDAMENTALI CONSACRATI NELLA COSTITUZIONE.

FONDAZIONE COMITATO REGIONALE DIRITTI UMANI “JOEL SIERRA”

ORGANIZZAZIONI SOCIALI DI ARAUCA

COLLETTIVO DI AVVOCATI “JOSÉ ALVEAR RESTREPO”

CORPORAZIONE GIURIDICA “YIRA CASTRO.”

Saravena, Dipartimento di Arauca. Colombia

Giovedi’ 21 agosto 2003

Una giornata particolare?

Quattro del mattino. Fuori e’ ancora tutto buio e silenzioso. Dalla strada che passa a dieci metri dalla casa non arriva il solito rombare dei mezzi blindati dell’esercito che, quotidianamente, scortano gli autocarri della OXXY, alla ricerca di nuovi pozzi di petrolio da perforare, verso il confine venuezelano.

Saravena e’ una cittadina di ventitremila abitanti situata negli “llanos” nord-orientali colombiani, ad est della cordigliera orientale. Appartiene al dipartimento di Arauca, uno dei tre utilizzati dal Governo di Uribe Velez per creare le cosiddette zone speciali di “riabilitazione”, luoghi in cui il governatore e’ un militare e qualsiasi atto politico sottende ad una decisione militare. Ad aprile di quest’anno la corte costituzionale non ha prorogato la legge che istituiva le zone e quindi il governo del dipartimento e’ tornato nelle mani di civili. Quello che non e’ cambiato sono le centinaia di poliziotti e militari che circondano il centro della citta’, controllando tutto quello che si muove da dentro garritte costruite con sacchi neri pieni di sabbia situate ad ogni angolo di strada. Civili e militari armati con fucili di alto calibro si mescolano nelle strade limitrofe al centro, quando le pattuglie camminano ai due lati della strada, puntando l’arma ad altezza d’uomo.

Questa zona e’ attualmente una delle piu’ martoriate di Colombia. Le FARC e l’ELN non danno tregua all’esercito ed alla polizia, i quali, non riuscendo a colpire quelli che ritengono responsabili di attentati dinamitardi e sequestri, si incattiviscono con i rappresentanti piu’ in vista ed impegnati della societa’ civile organizzata di Saravena. Sindacalisti, attivisti per i Diritti Umani, studenti e appartenenti a varie organizzazioni sociali, per l’unico motivo della loro appartenenza, vengono perseguitati quotidianamente, attraverso montature giudiziarie che li costringe nel ruolo di guerriglieri.

Ore quattro e un quarto. E’ particolare che non ci sia movimento di mezzi. Suona il telefono. Qualcuno comunica alla signora della casa che Alonso Campiño, sindacalista, vicepresidente regionale della CUT – Centrale Unitaria dei Lavoratori – e’ appena stato arrestato nella sua casa. Uno dei poliziotti mentre perquisiva la casa ha minacciato, puntandogli la pistola al volto, il figlio di undici anni, mentre la figlioletta di 20 giorni piangeva, risvegliandosi al fracasso delle guardie. Da mesi Alonso riceveva minacce da parte di varie autorita’ pubbliche. L’ordine di cattura e’ per ribellione. Alonso e’ fortunato perche’ durante le 90 perquisizioni effettuate all’alba di oggi solo in pochi casi i polizziotti, accompagnati dai “fiscales” – coloro che firmano gli ordini di captura, dipendenti del ministero di giustizia – hanno consegnato, o anche solo mostrato, tale ordine.

Ore quattro e venticinque. Si sente un elicottero sorvolare a bassa quota il quartiere dove viviamo. Suona il telefono. Juan Moncayo, coordinatore della Universita’ Interculturale del Sarare e’ stato arrestato. In casa si diffonde la paura. I quattro figli sono tutti svegli, la madre non smette di girare per la casa in preda all’ansia, mentre il capofamiglia, Johnny, del direttivo sindacale dei trasportatori, si veste ed esce di casa per andare ad avvisare i suoi compagni di quello che sta succedendo. Il figlio maggiore di 10 anni si offre di accompagnarlo.

Cio’ che sta succedendo lo apprederemo appieno piu’ tardi, quando nell’ufficio della Fondazione per i Diritti Umani “Joel Sierra” cominceranno ad arrivare ininterrottamente notizie di arresti, perquisizioni, rastrellamenti, minacce effettuate dalla polizia, dall’esercito, dal DAS (Dipartimento di Amministrativo per la Sicurezza del Ministero della Difesa) e dal CTI (Centro Técnico per le Investigazioni alle dipendenze della “Fiscalia”) che si protrarranno fino al pomeriggio inoltrato.

Ma cio’ che sta succedendo cominciamo ad apprenderlo meglio quando verso le quattro e quarantacinque sentiamo parlottare fuori casa e vediamo alcune ombre avvicinarsi alla porta. Sentiamo bussare. Ci aggiriamo in casa, chi alla ricerca dei vestiti, chi cercando qualcosa senza sapere bene cosa. Quando da fuori la polizia ordina di aprire, qualcuno lo fa e ci troviamo davanti a due poliziotti con giubbotto antiproiettile e pistola in pugno. Entrano rapidamente e uno di loro mi mette faccia al muro con le mani in alto. Comincia a perquisirmi tenendo la pistola a pochi centrimetri dal costato. Entra un borghese con uno stemma quadrato attaccato al gilet su cui giace la scritta “FISCAL”. Armato anche lui (per legge loro non potrebbero portare armi). Dico di essere giornalista. Smettono di perquisirmi e ci chiedono i documenti. I due cooperanti spagnoli, ospiti anche loro della famiglia, glieli mostrano, mentre io prendo il passaporto. Fuori ci sono quattro soldati ai lati della siepe con i fucili spianati e, di fianco alla porta, una persona vestita da militare, incappucciata (“sapo” li chiamano qui, spie civili della polizia, spesso paramilitari). Colui che comanda chiede di Johnny alla moglie mentre manda tre poliziotti a cercare in casa. Non trovano il ricercato. Si accingono ad andarsene. Sulla porta chiedo loro il motivo di questa azione ed i loro nomi. Rispondono con aggressivita’ se per caso non mi sono accorto che qui accoppano bambini con le bombe e che essendo visitatori di un paese straniero dobbiamo stare zitti. Non avro’ mai il piacere di conoscere il nome di questi tutori dell’ordine.

La signora ha cominciato a disperarsi sapendo il marito in giro per la citta’ nel tentativo di avvisare gli altri. La figlia piu’grande comincia a prepararsi per la scuola. I due piu’ piccoli si stiracchiano sul divano. Noi tre europei cerchiamo di riordinare le idee, mentre il telefono suona ogni cinque minuti. Molte famiglie si cercano per dare o ricevere notizie di quello che sempre piu’ prende la forma di un gigantesco operativo congiunto che ha il fine esplicito di smantellare tutte le organizzazioni sociali impegnate a vario titolo nella difesa dei diritti dei lavoratori, degli studenti, dei piccoli imprenditori, dei venditori ambulanti, dei Diritti Umani della zona.

Quando Ismael – attivista per i Diritti Umani della Fondazione – arriva a prendermi col taxi (qui raramente ci lasciano camminare da soli: sempre quancuno ci accompagna o vigila da lontano senza perderci di vista), sono le sei e un quarto. Mi ero dimenticato che dovevamo andare a fotografare l’entrata degli studenti nella scuola poiche’ spesso i soldati si mescolano agli scolari, armi alla mano, un po’ provocando, un po’ mostrando i muscoli e la divisa. In poche parole, cercando di terrrorizzare. Ovviamente non andiamo vista la situazione. Ci rechiamo invece nel palazzo vicino al centro (ma fuori dal cerchio militare) che ospita la Fondazione per i diritti umani “Joel Sierra” (intitolata ad un altro contadino di questa zona ucciso nel 1989). Le strade sono semideserte, con pochi venditori agli angoli da cui spesso, invece, si intravede il colore delle mimetiche.

Alle sei e trenta le prime ad arrivare al “Joel Sierra” sono due donne che denunciano l’arresto per ribellione del marito di una di queste. L’uomo era ferito e costretto in casa a causa di un attentato che aveva subito poco tempo fa. Passano dieci minuti ed altre due donne arrivano angosciate per denunciare la stessa cosa. Una serie di telefonate ci informano dell’arresto di altre persone e della fuga di alcune. Una telefonata avverte che anche Ismael e’ ricercato, mentre comunicano che hanno appena fermato e portato al posto di policía il taxista che ci ha accompagnati.

Alle sette e mezza gli arrestati conosciuti sono 12 mentre 5 sono i ricercati. L’accusa per tutti e’ ribellione e di far parte della guerriglia.

Nell’ufficio per i Diritti Umani arrivano anche altri attivisti che si attaccano all’unico telefono esistente per avvisare di quello che sta’succedendo. L’avvocato della Fondazione non e’ presente in citta’, i due computer hanno il modem fulminato e quindi la connessione ad internet non e’ possibile. Rimane un fax il quale comincia a surriscaldarsi quando, scritti i primi comunicati, si comincia ad inviarli continuativamente ad autorita’ pubbliche ed organizzazioni sociali.

Alle otto e mezza apprendiamo che il “gordo” Juan Carlos Murrillo, presidente della Fondazione “Joel Sierra” e’ appena stato arrestato assieme alla moglie.

Il custode del palazzo sale a dire che hanno visto portare decine di persone al posto di polizia, nella piazza centrale. L’esercito sta rastrellando le persone per la strada e le porta al posto di polizia per controllarle. Assieme ad uno dei due cooperanti scortati da una colombiana andiamo al posto di polizia. Osservato dai due che si fermano all’angolo della piazza, attravrso la strada verso la barricata di sacchi di sabbia, alta piu’ di un metro, costruita attorno alle rovine di quello che era il municipio, da un anno sede del quatiere generale della polizia di Saravena. Ci sono almeno quaranta persone raggruppate oltre la barriera, circondate da poliziotti armati. Due autocarri dell’esercito hanno appena finito di scaricare la loro “pesca milagrosa” (“pesca miracolosa” e’ un modo di dire ironico quando ignari cittadini vengono fermati ingiustamente). Fermo un soldato e chiedo spiegazioni. Mi manda dal suo capitano il quale, prima di farmi aprire bocca dice che l’esercito colombiano e’ attentissimo a rispettare i diritti umani delle persone e che quella in corso e’ una normale operazione di polizia. Il tenente-poliziotto ventenne che invece arriva per rispondere alle domande mi dice che si sta’ cercando un numero di persone che si avvicina a 300, che l’operativo durera’ fino a domattina e che alle persone fermate controllano solo i documenti. Peccato che nel recinto vi siano due persone in borghese che con una piccola fotocamera digitale stiano fotografandoli. Gli chiedo se per tutti esiste ordine di cattura ma mi risponde che non lo sa e mi saluta. Nel mentre tutti i fermati, in maggioranza taxisti, vengono lasciati andare.

Al rientro apprendo che gli arrestati certi sono saliti a 23. Tra di loro anche la direttrice della Casa Della Cultura, Gloria Medina, che spesso ha svolto funzioni come incaricata del sindaco. Il giorno precedente avevo accompagnato i due cooperanti a casa della signora. La visita serviva a pianificare l’utilizzo dei computers della Casa della Cultura, per lo svolgimento dei corsi di informatica tenuti dai cooperanti. Un altro lo hanno arrestato all’ospedale, dove era ricoverato per una ferita da attentato. Sono le undici passate.

Con i pochi mezzi tecnologici a disposizione ed in mezzo ad una confusione sempre piu’ crescente, decidiamo di comunicare alle nostre rispettive ambasciate, spagnola ed italiana, quello che sta succedendo. Persone continuano ad andare e venire dall’ufficio in cerca di notizie. Nel frattempo i dirigenti sindacali o delle organización sociali che sono ospitate nel palazzo (tra le altre la CUT, la Fondazione e ASOJOVEL), quelli non ancora arrestati, via via si dissolvono nel nulla, mentre la segretaria aiutata da altri volontari sbriga tutto il lavoro informativo.

Qualcuno scende a comperare una decina di pasti da asporto all’angolo, cosi’ si riesce anche a mangiare. C’e’ chi si apparta con un computer per fare un gioco. Chi scherza sulla sua prossima sorte di ricercato e chi progetta un viaggio. Non sembra che la preoccupazione faccia breccia nei pensieri di queste persone, ma forse e’ solo una imprecisione delle mie sensazioni che cerca nelle azioni altrui una vaga sicurezza.

Al pomeriggio arrivano due avvocatesse e la notizia che i fermati certi sono 42. A fornire quest’ultimo bollettino di guerra e’ la “Personera” – figura che sovraintende al rispetto della legge da parte dello Stato circa il rispetto dei diritti umani durante e dopo le operazini di polizia. Viene accertato che due di questi, in realta’, sono solo stati fermati e poi rilasciati, quindi il numero si abbassa a 40.

Qualcuno urla che ci sono i soldati in strada. Dalla finestra vedo appostati all’angolo due militari che portano al braccio – come tutti i loro commilitoni da questa mattina – una fascia rossa. Mi spiegano che e’ segno di guerra. E’ segno che sono in guerra. Se la mettono tutte le volte che compiono operativi di questa fattura. Arriva un camion con altri soldati, ma invece che scaricarli, fa salire i due e tutto finisce li’. Tutti si aspettano una perquisizione anche di questo edificio, essendo sede di molte organizzazioni, cosi’ come e’ sucesso a ECAAS (sede degli uffici dell’aquedotto cittadino) e a ANTHOC (sede del sindacato dei lavoratori della salute e dei servizi sociali).

La “Personera” richiama dopo mezz’ora e dice che gli arrestati definitivi sono 30, di cui 18 sono in partenza per Bogota’ e 12 per Arauca. Per i dieci rimanenti stanno ancora verificando le accuse, mentre li trattengono nella sede del 18 battaglione dell’esercito.

Si continua ad aggiornare gli organi di stampa nazionali ed internazionali, le ONG e le organizzazioni per i diritti umani con i pochi strumenti disponibili, fino a quando viene buio ed alle sette di sera, mentre tutti ce ne andiamo, tre persone rimangono a presidiare il centro per tutta la notte.

Piu’ tardi un telegiornale diffonde la seguente notizia: “Nella giornata di oggi un imponente operativo congiunto, denominato "Operazione Exodo", conformato da piu’ di 600 uomini appartenenti alla polizia, esercito, DAS, CTI, Fiscalia Generale hanno inferto un duro colpo alla guerriglia delle FARC e dell’ELN. Durante la perquisizione di circa 90 abitazioni, sono stati effettuati 30 arresti di persone implicate con la guerriglia….. sono state scoperte connessioni tra il terrorismo internazionale e quello interno, mediate da una ONG che si chiama ‘Joel Sierra’….”.

Ecco. Il gioco e’fatto.

Non so quanto la gente di qui possa ancora considerare particolari giornate come questa, visto la frequenza con la quale e’ costretta a subirle e la devastazione che lasciano nel tessuto sociale. Cio’ che a me appariva una settimana fa come tremenda eccezione, oggi comincia ad assumere i connotati di una drastica quotidianita’, verso la quale l’unica particolarita’ che davvero conta e’ quella delle forme concrete di resistenza che la gente di qui organizza.

P.S.

Alle sei di giovedi’ 22 agosto il radiogiornale locale informa che gli organi di polizia hanno gia’ programmato un operativo nelle cittadine di Arauquita e Fortul per i prossimi giorni.

La particolarita’ continua.

Reporte del PARO CIVICO NACIONAL in Bogotà – Colombia

Oggi, 12 di agosto 2003 ha avuto luogo uno sciopero nazionale in tutto il territorio colombiano. Vari membri della Rete Europea di solidarietà hanno partecipato alla manifestazione che ha avuto luogo a Bogotà. Migliaia di persone hanno manifestato camminando fino alla Piazza Bolivar. Gli slogan più gridati erano contro l’A.L.C.A. e contro il Referendum del prossimo 25 di ottobre, promosso da Uribe Velez e con il quale si intende legittimare le politiche neoliberali di questo governo. Tutta la piazza esortava una astensione massiva dal voto. Nel corteo erano rappresentati un numero infinito di collettivi e movimenti colombiani, dai sindacati al movimento contadino, passando attraverso organismi studenteschi e gruppo di pensionati.

La polizia di Uribe ha caricato violentemente nel tentativo di disperdere questa enorme marea umana senza però ottenere il suo obiettivo. Tre compagni sono stati arrestati mentre alcuni sono rimasti feriti negli scontri. Gli organizzatori della manifestazione, alla fne, hanno comunque potuto intervenire dal palco davanti alla moltitudine di persone che, nonostante gli scontri, sono rimaste in piazza.

Reportage fotografico a questa pagina : Paro Civico 12/03/2003

Alcune foto nel link a fianco: Archivio fotografico 1

Stralci del comunicato per la convocazione dello sciopero nazionale del 12 agosto 2003 Bogotà – Colombia promosso da organizzazioni sindacali, contadine e sociali.

Tutti allo Sciopero Civico Nazionale

Mai prima d’ora i lavoratori i produttori, le organizzazioni sociali e tutto l’insieme della popolazione ha dovuto scontrarsi con un’offensiva così brutale e ampia, intensa e dura contro i suoi interessi, i suoi diritti e le sue organizzazioni. Nel campagne, nell’industria e nel commercio; nella salute come nell’educazione, nelle comunicazioni, nei trasporti e nelle tariffe pubbliche, tuti noi stiamo subendo l’impatto spietato di leggi, decreti e regolamenti vari che hanno come comune denominatore quello di incrementare il saccheggio della popolazione, depredare le risorse nazionali, continuando ad abbassare la produzione e farla definitivamente finita o indibolire ulteriormente i sindacati, i partiti e varie associazioni che si pongono a difesa della gente. Questo è il risultato di una dozzina o più anni di applicazione del perverso modello neoliberale imposto a beneficio alle multinazionali e del capitale finanziario oltre che per garantire il pagamento del pesante debito pubblico.

Nell’ultimo anno, quando ampi settori della nazioni si facevano illusioni con l’avvento della nuova Amministrazione, il governo di Uribe Velez ha proseguito "senza Dio nè legge" contro la nazione e la popolazione………

Si aumentano le tariffe e le imposte, si incrementa l’IVA e si permette la dismissione (si privatizza n.d.t.) dei servizi pubblici, si riducono i salari e le pensioni. Si dice di voler controllare i prezzi attraverso importazioni massive di alimenti in difesa dei consumantori, però non si controllano nè i prezzi nè la qualità dei prodotti necessari all’agricoltura. Viene eliminato il contributo per il carburante e aumentano i pedaggi, però i lavoratori dei trasporti sono lasciati al proprio destino e li costringono a cambiare percorso poichè i "Transmillenio" (nuova forma di trasporto metropolitano di superfice n.d.t.) che vengono costruiti con soldi pubblici, servono a far ingrossare le tasche di cosche private. I grandi magazzini stranieri si appropriano del mercato nazioinale e i sindaci buffoni danno loro tutto lo spazio pubblico che vogliono, togliendolo ai venditori ambulanti e fissi. Ci si accanisce con di deboli e ci si inchina di fronte ai ricchi. Il capitale finanziario e le transnazionali non hanno limiti nella loro voracità e gli alti funzionari non lesinano strette di mano nel loro affanno di favorirle spogliando la popolazione.

E la Sicurezza Democratica (così si chiama il programma di Uribe che pretende apportare sicurezza ai colombiani n.d.t.), altro pilastro nella politica ufficiale, non ha portato al Paese la tranquillità e la fine della violenza generalizzata di cui la nazione ha bisogno per unirsi e avanzare nel cambiamento politico e nelle trasformazioni economico-sociali che la gravità del momento esigono. Al contrario, sono state ridotte le libertà ed i diritti dei cittadini nel vano proposito di ammutolire, restringere o farla finita con la resistenza di milioni di colombiani i quali non si rassegnano alla miseria, all’arretratezza, alla disintegrazione della nazione e neppure al bagno di sangue nè alla occupazione militare straniera.

…….

Per rispondere a questo cumulo di affronti, noi lavoratori, produttori e la popolazione colombiana tutta manifesteremo per far sentire la nostra voce di protesta il 12 agosto, con lo Sciopero Civico Nazionale (Paro Civico Nacional) e la Manifestazione degli agricoltori a Bogotà.

…….

Decine di anni di obbrobrio dimostrano che i neoliberali di Washington e i loro agenti non hanno risposte da dare alle angustie di milioni di esseri umani che recalmano pane, lavoro e libertà. Approfittiamo delle loro difficoltà e facciamo si che nuovi venti inizino a soffiare. Ricordiamoci che dietro ad ogni conquista popolare, dietro ogni riaffermazione della sovranità nazionale, dietro ogni diritto dei lavoratori, di ogni avanzamento sociale c’è una lunga scia di lotte, di sudore e di sacrifici che rendono possibili tali avanzamenti. Difendiamo quelli che ancora restano e prepariamoci per riconquistare quelli perduti.

 

dal mensile:

Desde Abajo (web)

15 luglio – 15 Agosto 2003

Presenza di militari statuinitensi in Colombia.

Immorale e illegale

Militari per la Democrazia e la Integrazione dell’America Latina (MIDEAL – Colombia) promuovono azioni legali in difesa della sovranità nazionale.

Nel 1999 è stato approvato il Plan Colombia e da allora si poteva già prevedere quali sarebbero state le conseguenze: annullamento della nostra sovranità nazionale, e in caso estremo, l’invasione da parte delle truppe degli Stati Uniti o di suoi alleati.

La perdita della sovranità è innegabile, di fatto, l’approvazione del citato Piano rappresenta la sua più chiara manifestazione. Se avevamo qualche dubbio in proposito, durante questi mesi abbiamo visto riaffermata tale negazione: fumigazioni di coltivazioni illecite dirette da mercenari del paese del nord, operativi militari contro gli insorti diretti da truppe nordamericane, “deliberazioni” del Congresso nazionale votate con il coltello alla gola, riguardo a temi come giustizia, forze armate, economia e commercio estero.

L’obbrobrio non è stato piccolo. I partiti tradizionali hanno accettato senza opporre alcuna opposizione questa imposizione e le forze alternative hanno lasciato correre il tema per paura di essere collegate agli insorti con le conseguenti restrizioni di spazio che questo avrebbe determinato.

Una voce di speranza.

Il marzo passato il paese ha visto come un settore della società, ancora dotato di onor di patria, un gruppo di militari in pensione, ha diretto un documento alle istituzioni pertinenti circa l’accettazione del Governo affinchè truppe militari straniere attraversassero il territorio nazionale senza che il Congresso lo approvasse.

Per molti mesi questi militari hanno continuato denunciare questo fatto e a lottare per essere ascoltati. Hanno formalizzato richieste di consulatazioni e denunce agli Onorevoli Magistrati del Tribunale Amministrativo di Cundinamarca, ai Procuratori Delegati della Corte Suprema di Giustizia, alla Commissione di Accusa della Camera dei Rappresentanti. Inoltre hanno denuciato, assieme ad altre organizzazioni sociali, il Presidente della Repubblica, La Ministra della Difesa e degli Esteri.

Di questa lotta, oggi possiamo dire che è stato ottenuto un primo risultato quando il passato 19 giugno la Camera dei Rappresentanti (Commissione Investigazione e Accusa) ha citato il signor Gonzalo Bermudez Rossi in quanto rappresentante della Associazione Militari per la Democrazia e la Integrazione dell’ America Latina (Mideal – Colombia), al fine di ascoltarlo in ottemperanza alla ratifica e ampliamento della sua denuncia che avverrà il prossimo 13 agosto.

Antecedenti.

Mideal – Colombia sostiente: “È di pubblico dominio che a seguito dell’avanzamento del Plan Colombia, Il Congresso degli Stati Uniti, – mediante l’approvazione di una legge che destina fondi per appoggiare gli obiettivi del Plan Colombia – stabilì nel limite di 500 militari statunitensi e 300 contrattisti civili il numero massimo di stranieri che possono essere assegnati, temporaneamente o permanentemente, a lavori vincolati con lo sviluppo di detti programmi.

Conseguentemente a questa legge, i militari statunitensi svolsero attività di tipo militare e civile in territorio colombiano. Hanno fornito addestramento e strumenti, sviluppato infrastrutture, finanziato e fornito appoggio aereo; hanno istruito il governo e la società civile colombiana nelle aree di sviluppo alternativo circa le intercettazioni, l’erradicamento delle coltivazioni illecite, l’applicazione della legge, il rafforzamento delle istituzioni, la riforma giudiziale, i diritti umani, l’assistenza umanitaria verso i profughi interni, la governabilità a livello locale, l’anticorruzione, la riabilitazione dei soldati minorenni e la preservazione ambientale, tutte attività che sono state sviluppate senza che, per esse, il signor Presidente della repubblica Alvaro Uribe Velez, la signora Ministra della Difesa Martha Lucia Ramirez e la Ministra degli Esteri, dottoressa Carolina Barco Isaccson, siano stati compiuti tutti gli atti costituzionali e legali stabiliti, disconoscendo, in questa maniera, la normativa vigente.

Durante gli ultimi governi di Cesar Gaviria, Ernesto Samper e Andres Pastrana e per effetto dello sviluppo del Trattato Interamericano di Assistenza Reciproca (TIAR del 1947) e del Convenio General per aiuti Economici e Tecnici, celebrato nel 1962 tra gli Stati Uniti e Colombia, agenti statunitensi sono sempre stati presenti in territorio colombiano, sviluppando varie funzioni. Anche questo sarà esaminato nell’ambito della presente indagine, al fine di verificare se i Ministri della Difesa e degli Esteri di questi passati governi hanno difeso la supremazia, la sovranità e l’integrità nazionale. Alcuni esempi conosicuti riguardo a questo tema sono le esperienze di “Juan Chaco” – Valle del Cauca, durante il mandato di Cesar Gaviria; le operazioni congiunte tra la Forza Aerea Colombiana – FAC – e quella statunitense nel bombardamento della popolazione civile nella località di Santo Domingo durante il governo Samper e dell’abbattimento di un aereo-spia da guerra statunitense a Patascoy (Nariño), durante il governo Pastrana.

Attualmente è necessario fare rifermento alla masiva presenza di truppe degli Stati Uniti nella zona di Arauca, così com’è stato segnalato dal giornale Il Tiempo, dove si afferma che si fecero entrare 60 soldati delle forze speciali dell’esercito degli stati Uniti, che oggi stanno addestrando 6500 soldati colombiani della Brigata XVIII e che “con i 60 soldati dell’Esercito degli Stati Uniti che arrivarono in Arauca salirono a 510 il numero di uomini di questo Paese che appoggiano le truppe colombiane” (El Tiempo, 15 gennaio 2003). E tutto questo con una manifesta attitudine al combattimento per la difesa della struttura petrolifera di “Caño Limon – Coveñas”, sfruttata da varie multinazionali.

Durante le ultime settimane, attraverso notizie distampa, si è saputo della presenza di militari statunitensi direttamente impiegati nelle operazioni di ricerca di tre membri delle forze militari di questo Paese, privati della libertà da parte della guerriglia colombiana. E questo senza ottenere i dovuti permessi richiesti dalla Costituzione Politica. A seguito di ciò, sono state richieste formalmente maggiori informazioni alla Ministra degli Esteri e della Difesa, le quali non sono state in grado di dare risposta ne spiegare le omissioni a riguardo delle autorizzazioni necessarie a tale operazione.

Nello stesso modo è necessario mettere in evidenza come i militari stranieri che circolano per la Repubblica, non appaiano riportati negli achivi del D.A.S. (polizia di immigrazione – n.t.) in quanto arrivano direttamente nelle basi militari in cui devono effettuare le loro operazioni, situazione che già di per sè si configura come una violazione alla sovranità nazionale, in quanto è dovere di queste autorità conoscere le persone, il tempo di permanenza e la occupazione di coloro che entrano nel Paese, per poter esercitare controllo sopra le stesse ed esigere dallo Stato l’esercizio della sovranità, in conformità con la Carta Politica e le norme del Diritto Internazionale”.

Assenza di controllo legale

Precisando meglio la sua denuncia, MIDEAL – Colombia mette in rilievo che: “Nel Senato della Repubblica non ci sono state richieste da parte del Governo Nazionale al riguardo delle autorizzazioni al transito di truppe straniere”. E così è stato dimostrato il 4 aprile passato quando il Segretario Generale del Senato Emilio Otero Dajud, ha precisato: “… una volta controllati i documenti che sono depositati nell’archivio della Segreteria Generale, si è potuto constatare che fino ad oggi, non è stata presentata alcuna richiesta da parte del Governo Nazionale che permetta il passaggio di truppe straniere sul territorio della Repubblica, attribuzione questa che concerne al Senato della Repubblica”.

Uguale interrogazione è stata fatta davanti al Consglio di Stato. Il 4 di marzo del 2003 il dottor Ricardo Hoyo Duque, Presidente del Consiglio di Stato, ha risposto all’interrogazione: “In relazione alla domanda del 28 di febbraio 2003 mi permetto di rispondere: Il Governo Nazionale non ha richiesto l’attuazione di ciò che prevede l’articolo 237 della Costituzione Politica, rispetto al transito, permnanenza, operatività, logistica e intelligenza di truppe straniere di terra, navali o aeree, di polizia o di qualunque altra indole, nel territorio nazionale. (…)”.

Non è casuale dunque la denuncia rivolta contro “… il Governo Nazionale (specificatamente le Ministre denuciate e il signor Presidente), avendo autorizzato l’ingresso dei militari statunitensi in territorio nazionale senza essere in possesso della dovuta autorizzazione costituzionale, in qualità di “osservatori” o “consulenti”, con il fine di svolgere attività di cooperazione in materia di sradicamento del narcotraffico, strategie controinsurrezionali, o, negli ultimi giorni, nella ricerca e recupero di alcuni membri delle forze armate di questo Paese privati della libertà da parte della guerriglia colombiana”.