Per una vita degna

Titolo paro Ciudad Bolivar

Sciopero di Ciudad Bolivar

Sciopero civico indefinito nel sud di Bogotá
di Oscar Paciencia
Jamundí, 30 settembre 2017
Neppure il Papa è passato da Ciudad Bolivar durante la sua visita pastorale in Colombia all’inizio di questo mese. Forse gliela hanno voluta tenere nascosta viste le condizioni delle stradine che si inerpicano tra le case fatiscenti. Oppure per la puzza estrema che si respira attorno al bacino del fiume Tunjuelo, che attraversa il sud-sud di Ciudad Bolivar. Infatti tra Mochuelo Alto e Mochuelo Bajo esiste un cosiddetto ‘Relleno Sanitario‘ Doña Juana, un gigantescco buco che raccoglie la spazzatura a cielo aperto da 30 anni di tutta Bogotá, ma che gli abitanti bene (del NORD) vogliono distante dalle loro case. Settemila tonnellate al giorno di rifiuti di ogni tipo vengono scaricati in questa voragine artificiale scavata nella terra.
Questo territorio é in gran parte abitato da sfollati interni (per ragioni economiche o di guerra) che si inventano la vita riciclando materiali di scarto (vetro, carta, cartone, plastica) oppure continuando a fare i contadini nei piccoli recinti di terreno che inframmezzano le case o al margine di esse. Molti (oltre 3 milioni, tanto per dare una cifra) sono quelli che ogni mattina impiegano oltre 2 ore per arrivare a Bogotá NORD dove sono utilizzati (e molto mal pagati) nelle attivitá che rendono Bogotá quella che vediamo.
Esausti delle condizioni insalubri, della soppressione dei diritti civili e umani fondamentali, e in generale della miseria e del pericolo quotidiano (gruppi armati illegali), hanno deciso di proclamare uno sciopero civico indefinito “dal SUD-Tunjelo”, per “la veritá, la giustizia, la riparazione, e la garanzia di non ripetizione’. Non solo contro il rinnovo per altri 50 anni del basurerodi Doña Juana, ma per il rispetto integrale delle loro vite.
L’inizio dello sciopero civico, mercoledí 27 settembre, ha prodotto 9 zone di concentrazione, blocchi stradali con rallentamenti a singhiozzo del traffico e una serie di manifestazioni pacifiche, confluite all’ingresso del basurero di Doña Juana senza incidenti. Dato peró che l’interesse dello stato e del governo del Dipartimento piú che soddisfare le legittime esigenze degli abitanti (un tavolo di trattativa con alti funzionari) é quello di distogliere l’attenzione dai temi posti autonomamente dalla popolazione del SUD Tunjuelo, ha mandato oltre un migliaio di agenti tra polizia ed ESMAD a ‘convincere’ gli abitanti di quanto sia necessaria Doña Juana. Per fortuna nessun ferito; 15 fermati di cui 10 poi rilasciati. Associazioni per i Diritti Umani si sono fatti carico dei 5 rimasti nelle mani delle forze dell’ordine.
“La scommessa è la trasformazione. Si tratta di costruire un nuovo modo di pensare, un nuovo modo di relazionarsi, di recuperare concretamente il nostro bacino del Tunjuelo, garantendo tutti gli abitanti, per costruire un territorio di vita”. Cosí termina il proclama di convocazione, mentre lo sciopero civico continua.

EXISTE, EXISTE EL SUR TAMBIEN EXISTE…… ¡RESISTENCIA CARAJO, RESISTENCIA!
por Oscar Paciencia
Bogotá, 27 de septiembre de 2017
Video del evento. El largo día de movilización de las organizaciones sociales y ciudadanos de Ciudad Bolivar, SUR-Tunjuelo, presionados por un despliegue masivo de policía. Bloqueo de carreteras. Declaraciones de leaderes y leaderesas sociales, campesinas, trabajadores de Transmilenio, organizaciones de bases. Gente luchando hartas de la exclusión en ara de seguir organizandose.

foto Ciudad Bolivar per la vita degna

ELN: ordine di cessate il fuoco

Ordine di cessate il fuoco di Gabino, primo comandante del ELN
ELN-PAZ  –  29 settembre 2017
Compagni comandanti presenti territorio nazionale: oggi 29 settembre ordino a tutte le truppe presenti su tutto il territorio nazionale di cessare qualsiasi tipo di attivitá offensive. Il cessate il fuoco dovrá entrare in vigore il prossimo 1 di ottobre alle ore 0:00 fino al 9 di gennaio 2018 a le ore 0:00. Non ho alcun dubbio circa la vostra lealtá per adempiere a questo impegno, fino alle estreme conseguenze.
Nessun passo indietro, liberazione o morte.
Nicolás Rodríguez Bautista
29 Septiembre de 2017

“Paz con hambre no hay”

cese al fuego bilateral

di Oscar Paciencia
Jamundí – 25 settembre 2017
“Con la fame non ci sará alcuna pace” dicono in coro gli abitanti del piccolo villaggio di Paimadó sulle rive del Medio San Juan a quaranta minuti di navigazione dal capoluogo municipale di Istmina. Loro non hanno bisogno di essere politologi, economisti o qualche altra specie di intellettuale per comprendere che, fino ad ora, gli accordi dell’Avana (tra governo e FARC-EP) non hanno mitigato le drammatiche condizioni di vita che patiscono da sempre. Loro questa miseria la vivono giorno dopo giorno sulla propria pelle.
Gli abitanti delle comunitá al bordo di questi fiumi – San Juan e Sipi – hanno imparato un’arte: quella di restare vivi, facendo lo slaloom tra fenomeni atmosferici sempre piú frequenti, devastanti e l’invasione delle multinazionali del saccheggio di acqua, oro, biodiversitá; tra la mancanza di maestri, professori, scuole e la speranza di non ammalarsi, perché se succede la sopravvivenza diventa un terno al lotto; tra le norme che mettono fuori legge le loro attivitá nelle piccole miniere artigianali di oro, del legname e la pretesa del governo di stroncare la coltivazione di coca senza proposte realistiche circa la sostituzione e redditivitá delle coltivazioni lecite; tra la violenza perpetrata da tutti gli attori armati e l’abbandono di uno stato famelico e arrogante.
E la fantasia per sopravvivere non si ferma a questo: in una comunitá hanno addirittura costruito il percorso che ha portato a far sedere uno di fronte all’altro un comandante dell’ELN ed uno dei paramilitari, obbligandoli a patteggiare il rispetto del territorio, delle persone e delle atttivitá economiche del luogo.

Immagini dal San Juan e Sipi

Immagini delle Comunitá sui Fiumi San Juan (Medio) e Sipi del Chocó
foto di Oscar Paciencia
13 – 19 settembre 2017
Chocó, il dipartimento piú povero ed abbandonato della Colombia. Le comunitá di Bebedó, Boca di Soruco, Primavera, Calle Fuerte, Paimadó, Negria, San Miguel, Sipi e Chambacu – tra le altre – concretizzano alla vista, al tatto e all’odore un mondo che si tenta nascondere. Esse mostrano l’affronto peggiore che uno stato possa infliggere ai propri cittadini: l’oblio.

Il mondo a parte di Buenaventura

Malecon y palafita

Palafitte costeggiano il moderno malecon (lungomare), non ancora terminato, parte del megaprogetto di ampliazione del terminal portuale di Buenaventura (dipartimento di Valle del Cauca). La dimensione di quest’ “opera” è proporzionale alla devastazione ambientale e sociale che ha prodotto e continua a produrre. Migliaia di abitanti (maggiormente afro, ma anche indigeni) sono stati privati delle loro (già misere) abitazioni (viviendas), e resi ancora una volta profughi . Come se non bastassero i paramilitari, la corruzione, la mancanza di lavoro e di acqua potabile, la povertà, l’inesistenza di congrue strutture sanitarie ed educative. Tutti motivi che hanno portato circa 3 mesi fa ad uno sciopero cittadino durato 22 giorni, estremamente partecipato, e naturalmente represso duramente dalle ‘forze dell’ordine’, terminato con un accordo che prevede l’investimento di circa 600 milioni di dollari. Si vedrà se questa volta lo Stato terrà fede ai propri impegni

Espacio Humanitarios

La presenza dei paramilitari in Buonaventura non è mai venuta meno. Molti gruppi in disputa per il territorio che nel tempo hanno cambiato nome, ma non la pratica di terrore, al servizio implicito di chi aveva l’interesse a fare in modo che la popolazione ‘liberasse’ il territorio per poterlo vendere sul mercato (legale e illegale). Nella parte dell’ “isola” di Buenaventura, a ovest sull’oceano, le comunità di desplazados residenti sono riuscite nel 2014 a dichiarare Punta Icaco e Puente Nayero come Spazi Umanitari (Espacios Humanitarios). Due ‘strade’ (ma chiamarle così é un eufemismo) di uno dei quartieri più poveri della città, dove fino a quel momento il controllo paramilitare era asfissiante, il pizzo da pagare per le piccole attività di pesca e del legname era costante ed esorbitante. Dove le persone recalcitranti al controllo venivano letteralmente fatte a pezzi nella ‘ casa de pique‘ (il ‘pique’ è il taglio che il macellaio fa alla carne), quindi gettati nel mare dentro sacchi di plastica). La casa di pique di Puente Nayera è stata buttata giù ed al suo posto è stata costruita un’altra vivienda. La gente ha ripreso a respirare: le difficoltà derivanti dall’abbandono statale continuano ad essere le stesse, ma almeno, in queste due strade, non vengono più terrorizzati ed assassinati.

Desplazados Uanan

La guerra (militare ed economica) continua a far fuggire le persone dai loro luoghi tradizionali. Tra questi ci sono le comunitá indigene (etnia Wounaan) di Chagpien-Tordó, Chagpien-Medio, Durapdur, provenienti dalla zona del Medio San Juan. Sono circa 200 persone ospitate in un palazzetto dello sport di Buenaventura che dal 20 febbraio scorso sopravvivono in condizioni precarie grazie a sporadici aiuti locali, l’interessamento di organismi per i diritti umani (Justicia y Paz) e a un flebile intervento dell’ ACNUR.
In un altro palazzetto dello sport si ritrovano 32 famiglie afro fuggite dalla loro comunitá di Cabezera, nel Litoral San Juan, da pochi mesi a seguito di scontri tra paramilitari, esercito e guerriglia dell’ELN. Hanno notizie che durante la loro assenza le case che hanno abbandonato vengono utilizzate dall’esercito che spesso ruba quello che trova.
Entrambi i gruppi sono intenzionati a ritornare. Mentre gli indigeni Wounaan hanno richiesto accompagnamento per il ritorno, gli afro di Cabezera sono determinati a ritornare anche senza la protezione dell’ ACNUR.
“Senza il calore umano il legno delle case si imputridisce” dice José Wilson Chamarra, secondo Governatore delle comunitá di Chagpien.

foto El mundo aparte de Buenaventura

Cessate il fuoco ELN – Governo

cese al fuego bilateral

di Oscar Paciencia
Jamundí – 7 settembre 2017

“Al fine di concretizzare azioni e dinamiche umanitarie, il Governo Nazionale e l’Esercito di Liberazione Nazionale hanno concordato un cessate il fuoco bilaterale e temporaneo che riduca l’intensità del conflitto armato. Il suo obiettivo principale è quello di migliorare la situazione umanitaria della popolazione”
Il primo settembre le FARC-EP (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia -Ejercito del Pueblo) si sono costituite in partito politico, FARC (Fuerzas Alternativas del Común).
Tre giorni dopo a Quito, Ejercito de Liberación Nacional (ELN) e Governo colombiano hanno raggiunto un accordo sul cessate al fuoco bilaterale e temporaneo: a partire dal primo di ottobre fino al 12 di gennaio del prossimo anno non solo verranno silenziate le armi, ma le due parti si sono anche impegnate e sospendere le ostilitá.
Al momento non é dato sapere nel dettaglio quali “ostilitá” verranno cessate, dato che questo sará oggetto di un protocollo d’intesa che verrá negoziato tra le parti entro il 30 settembre.
I temi ipotizzati a carico dell’ELN, oggetto della sospensione, riguardano l’estorsione, il sequestro, le mine antiuomo, il reclutamento dei minori di 15 anni, gli attacchi alle infrastrutture comprese quelle petrolifere. Al Governo viene richiesto di rafforzare il sistema di Allerta Rapida col fine di proteggere i leader sociali, migliorare le condizioni carcerarie dei prigionieri eleni, di applicare finalmente la legge che depenalizza reati relativi alla protesta sociale e promuovere incontri tra la societá colombiana e la Mesa di Quito (tavolo delle trattative in corso ELN-Governo).
La verifica – ardua – del processo é affidata al governo, all’ ELN, alla ONU e alla Chiesa cattolica. Molte le difficoltá se si considera che nei territori implicati non esiste solo l’ELN come fattore armato (paramilitari, EPL, bande criminali – bacrim) e che non si hanno certezze sulla condivisione della scelta da parte di alcuni Fronti eleni.
Certo é che senza la potente spinta della societá organizzata del Chocó e la venuta del Papa, questa importante firma non ci sarebbe stata. Mentre questo secondo fattore si puó considerare inerziale (nel senso di approfittiamone), la determinazione delle molteplici e diversificate Organizzazioni Chocoane (Dipartimento del Nord Pacifico) nel rivendicare con forza la loro ‘Proposta di Accordo Umanitario ORA! nel Chocó presentata alla Mesa di Quito il 19 agosto scorso, hanno fatto in modo che le ragioni storiche dell’abbandono, della miseria, della violenza, delle morti e degli sfollamenti forzati emergessero dall’oblio voluto.

Histórico acuerdo entre Gobierno de Colombia y ELN de cese al fuego temporal
por Agencia EFE
4 de septiembre de 2017
A pocos días que el Papa Francisco pise el suelo colombiano, el gobierno de este País y la guerrrilla del’ Ejercito de Liberación Nacional ELN subscribieron un hístórico acuerdo de cese al fuego bilateral y temporal.

Quale pace per i minatori?

logo paro minero

Murales paz

di Oscar Paciencia
1 settembre 2017
Ci sono voluti 42 giorni di sciopero generale continuato; miniere d’oro deserte; negozi chiusi scuole distrutte; tre morti ufficiali e altre tre non contabilizzate; oltre 50 feriti e 20 arresti; centinaia di persone sfollate dalle loro abitazioni. E’ stata necessaria la pazienza della Mesa Minera e degli ottantamila abitanti tra Segovia e Remedios (piccole cittadine nel nordest di Antioquia), ma anche la loro determinazione nel resistere all’incursione della polizia, dei battaglioni speciali dell’ESMAD – Escuadrón Móvil Antidisturbios – autori dei tre omicidi e dei gruppi paramilitari, mai estinti in questa zona del Paese. Infine la resistenza civile, attrezzata a sopportare la mancanza di alimenti, inventandosi 36 cucine comunitarie sparse per Segovia e foraggiate dalla solidarietá; mantenendo in funzione l’unico centro di salute presente, costantemente circondato dalle forze dell’ordine; permettendo lo svago ai ragazzini e alle ragazzine proponendo attivitá ricreative.
Alla fine la disputa tra i minatori tradizionali di Segovia e Remedios da un lato e il governo nazionale, dipartimentale, l’impresa Gran Colombia Gold (canadese) dall’altro si é conclusa con la firma di un accordo accettato dai minatori e dalla Mesa Minera , loro rappresentante.
Rimane peró una domanda: se la Colombia ha fatto la pace con le FARC e (pare) si appresta a farla con l’ELN, di quale pace si tratta? Quali cambiamenti apporta questa pace nei territori, nell’economia, nella gestione dei conflitti, nelle rivendicazioni, nella convivenza, se occorrono ancora morti, sfollamenti, saccheggi, distruzioni provocati dallo stato?
E’ possibile considerare in pace i municipi di Segovia e Remedios?
PARO MINERO EN SEGOVIA Y REMEDIOS: CONTRA EL DESPOJO POR LA DIGNIDAD
por Fernando Álvarez de ASOVISNA
28 de agosto 2017
Los municipios de Remedios y Segovia se han caracterizado por su vocación minera. De las profundidades de su suelo se extrae metal precioso, oro, desde mediados del siglo XIX. Allí tuvieron asiento compañías mineras extranjeras, la última, Frontino Gold Mines dató de 1927, pero en 1975 se declaró en quiebra y en 1977 firmó un acuerdo concordatario que dejaba la empresa en dación de pago a pensionados y trabajadores, con administradores colombianos y la responsabilidad de crear un fondo para asegurar las pensiones adquiridas y las que se sucedieran a futuro. Una vez estableciera el fondo la empresa pasaría a mano de los trabajadores.

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