RUMORI DI GUERRA IN AMERICA LATINA
logo manifesto martedì 4 marzo 2008
Il decennale conflitto in Colombia e il mancato riconoscimento delle Farc come attore politico sono alla base dell’esplosione di tensione tra stati delle ultime ore
di Guido Piccoli

A Bogotà nel piazzale del Canton Norte, la caserma più importante e famosa del paese, il presidente Alvaro Uribe circondato dall’intero vertice militare, definisce «eroe» il soldato professionale Carlos Hernández, unica vittima colombiana dell’incursione in territorio ecuadoriano successiva all’attacco aereo dell’accampamento guerrigliero di sabato scorso. A Caracas il presidente Hugo Chávez decreta un minuto di silenzio in omaggio al «rivoluzionario conseguente» Raúl Reyes, la vittima più importante del bombardamento descritto come un «codardo assassinio».
Accanto a Uribe stanno idealmente gli Usa, che gli hanno, tra l’altro, fornito la tecnologia e le bombe usate per individuare l’accampamento e ammazzare i guerriglieri che vi dormivano, l’Unione Europea che, con l’obiettivo della «governabilità», continua a finanziare il suo governo, qualche sparuto paese latinoamericano come il Perù, la stampa colombiana, mai così allineata come adesso, e, pur con qualche distinguo e imbarazzo, tutto lo schieramento politico, compreso il principale movimento d’opposizione, il Polo Democratico Alternativo


Tutti Contro la Colombia
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di Guido Piccoli
Dalle guerra di parole alla guerra vera: il limite è sempre più vicino tra i Caraibi e le Ande. «Non sognarti di ripetere con noi quello che hai fatto all’Ecuador» ha detto a muso duro in televisione Hugo Chávez a Alvaro Uribe. L’uccisione del numero 3 delle Farc, Raúl Reyes, sta facendo esplodere l’America Latina. Per ora, la tensione è bollente tra la Colombia e l’Ecuador (il cui territorio è stato prima bombardato e poi invaso dal commando militare colombiano) e tra la Colombia e il Venezuela, già ai ferri corti per la contrastata mediazione di Chávez nella vicenda di Ingrid Betancourt e dei suo compagni di sventura. Mentre Chávez e il presidente dell’Ecuador Rafael Correa hanno chiamato «mafioso e assassino» e «spudorato bugiardo» Uribe, quest’ultimo ha sostenuto che i due paesi siano i santuari delle Farc. Le conseguenze sono pesanti: ambasciatori richiamati, chiusura delle sedi diplomatiche, ma anche dislocamento alla frontiera di decine di battaglioni, pronti a dar battaglia.